
Il mio nome è nessuno
In questo primo numero di Tempovissuto abbiamo deciso di porre i riflettori su quanti, nella nostra società, sono spesso considerati “nessuno”. «Il mio nome è nessuno», infatti, potrebbe essere la triste risposta di chi si sente ormai ai margini del vivere sociale, dimenticato dagli altri, messo da parte. È forse questo che pensa il carcerato quando si rende conto di trascorrere il tempo in una cella, privo della libertà, mentre fuori il mondo scorre e continua, ma senza di lui. È la risposta che potrebbe darsi il povero “invisibile”, quando chiede a se stesso chi sia, rannicchiato ai lati della strada, non riuscendo spesso neanche a incrociare gli occhi dei passanti distratti.
Ma il dolore e la lontananza sono delle volte in grado di alimentare il sostegno. È così che gli uomini e le donne di molte città in Italia si impegnano, ad esempio, attraverso i banchi alimentari, aiutando enti caritativi e mense che forniranno un pasto caldo e qualche ora di accoglienza agli affamati. Questa stessa scintilla di solidarietà riesce a spingere ogni giorni centinaia di volontari a portare il loro sorriso negli ospedali, il loro conforto agli ammalati.
Il dolore non genera solo dolore, ma rifiuto del dolore, desiderio di rivoluzione.
Abbiamo però voluto fare di più. Così, Il mio nome è nessuno è divenuta anche una lettura inedita della nostra realtà quotidiana, alla quale non facciamo spesso neanche caso. Ci siamo dunque chiesti: diventeremo forse dei “nessuno” lasciando morire il nostro patrimonio artistico, culturale e di pensiero, troppo spesso non preservato o valorizzato adeguatamente? Non siamo forse considerati ancora una volta dei “nessuno” – o semplici “destinatari di merce” – quando i mass media ci bombardano con pubblicità che troppo frequentemente tentano di suggerirci dei bisogni che realmente non abbiamo? Non sarebbe, inoltre, affascinante tornare in massa a delle forme artistiche “corali”, dove ogni artista, pur nascosto nell’anonimato, diventi artefice di opere grandiose, come, solo per dare un esempio, lo sono state le grandi cattedrali gotiche francesi?
Il mio nome è nessuno è anche il tentativo di ricordare a tutti che nella nostra vita dobbiamo essere i primi a considerarci dei “qualcuno”, noi che siamo la luce del mondo, evitando di lasciarci morire, lasciarci andare al giudizio degli altri, lasciarci schiacciare dalle difficoltà.
Questo primo numero di Tempovissuto vuole inaugurare un modo positivo e speranzoso di riflettere e ragionare sulle questioni. Aver scelto come tematica Il mio nome è nessuno significa aver voluto porre l’accento forse su uno dei mali più profondi dei nostri tempi: la lontananza; dagli altri, da noi stessi, da Dio. Ma è importante pensare che ad ogni cosa ci sia sempre un rimedio.
Marco Papasidero
IL SOMMARIO
Anno V – n. 1 – gennaio/febbraio 2014
Approfondimenti
Psicologia e pubblicità: da essere pensante a essere comprante?
di Silvana Calcagno
Arte e mestiere: l’artista geniale e l’artista “corale” tra mito e mercato
di Laura Marsano
La cultura della rinascita: il patrimonio artistico italiano e le proposte del Ministero
di Marco Cesareo
I nuovi poveri in Italia: un’emergenza arginata dagli Enti Caritativi
di Silvana Calcagno
Arte e terapia: lo spazio dove tutti possono diventare “qualcuno”
di Laura Marsano
Spose bambine: quando l’infanzia non conta
di Amalia Papasidero
Il volontariato in ospedale come risposta a una richiesta d’aiuto
di Katia Pellegrinetti
Storie
Storie di padri divorziati. L’incontro con uno di loro
di Serena Petrongolo
Scatti
Impronte, tra terra e mare
di Beatrice Sartini
Cuore, mente e spirito (di Giacomo Papasidero)
Non sono nessuno
Versi (di Katia Belloni)
Carcerati
Povertà
Letture
A Lampedusa l’immigrazione non è l’unica storia da raccontare
di Silvana Calcagno