Psicologia e pubblicità: da essere pensante a essere comprante?

La spersonalizzazione dell’individuo e la sua alienazione nascono anche dai messaggi pubblicitari che creano frequentemente finti bisogni e trasformano l’uomo stesso in merce. È un meccanismo basato su un connubio difficilmente scindibile: quello tra psicologia e pubblicità.

Addio alla cellulite in dieci giorni, i leggings che fanno miracoli per il fondoschiena, l’ultimo prodotto della telefonia più tecnologica per essere connessi, con tutti, sempre, anche nei sogni. Pubblicità in televisione, sui motori di ricerca, sui social network, alla radio, nei cartelloni per le strade: i messaggi pubblicitari ci circondano, ci “parlano” e sembrano influenzare i nostri gusti, acquisti, comportamenti.
Il consumismo imperante e sfrenato ha fatto sì che, negli anni, la gente cominciasse a identificarsi più con quello che possiede, che con quello che pensa, prova, è. L’alienazione dell’uomo contemporaneo nasce proprio dal fatto di non sentirsi più individuo unico e indipendente nelle azioni e nei pensieri, ma possessore di merce e oggetto a sua volta, targettizzato e studiato per essere spinto a comprare. Come pescioloni affamati abbocchiamo all’amo delle aziende che, modellando le pubblicità sulla psicologia, ci propongono i loro prodotti come indispensabili per la nostra sopravvivenza.

Del resto, la pubblicità è divenuta uno strumento sempre più raffinato, sofisticato. Dagli spot di Carosello ai messaggi pubblicitari odierni ne è stata fatta di strada. Eppure, secondo l’Osservatorio sulla pubblicità pubblicato da Agcom nel 2013, il mercato pubblicitario non riesce a riprendersi dalla crisi. In pubblicità si investe di meno, anche perché sono mutati i mezzi classici di comunicazione. La televisione rimane la regina del settore, la casa base di tutti gli spot, che oggi, però, vede l’agguerrita concorrenza della più economica pubblicità su internet, cresciuta del mille per cento rispetto al 2005. C’è, poi, l’indagine Nielsen 2013 che ha misurato quanto incide la pubblicità sulle abitudini dei consumatori: il 73% degli italiani acquista in base ai consigli di amici e conoscenti. E stanno prendendo sempre più piede anche le opinioni reperite sui social network.

Se ci guardiamo intorno, però, sembra evidente che la pubblicità, che ha solo spezzettato la sua potenza comunicativa in diversi canali, sta assumendo forme nuove, divenendo forse ancora più capillare e incisiva.Alla base dei messaggi pubblicitari c’è un approfondito studio sulla psicologia umana, sulla parte più istintiva e irrazionale dell’uomo che da essere pensante si trasforma in “essere comprante”. Probabilmente sappiamo tutti che la realtà è ben diversa da come ci viene presentata nel magico mondo della pubblicità, e la mattina, ad esempio, siamo tutti un po’ sfatti, con le occhiaie e i capelli arruffati (sì, anche la meravigliosa attrice che promuove la più strabiliante delle creme per il contorno occhi).

Eppure, nonostante ciò, la pubblicità riesce a stregarci, o quantomeno a catturare la nostra attenzione, pur rimanendo una realtà che possiede anche degli aspetti positivi. Infatti, per certi versi è diventata una forma d’arte, sicuramente un esercizio creativo oltre che “manipolatore”. La recente crisi, poi, ha un po’ ridimensionato tutti e adesso i messaggi pubblicitari cercano di puntare anche sul lato emotivo meno superficiale. Non più solo l’esigenza di possedere un oggetto, ma anche quella di appartenere a una comunità, di identificarsi con un progetto, di riscoprire dei valori di genuinità e autenticità. Spesso, infatti, l’efficacia di uno spot risiede non solo nell’indurre all’acquisto, ma anche nel riuscire a commuovere, a fare sorridere, a rispecchiare storie e situazioni che tutti viviamo. Sicuramente c’è anche una pubblicità che diventa mezzo per esprimere la creatività, per raccontare storie, per lanciare messaggi sociali o anche per valorizzare cultura ed educazione, come avviene su alcuni canali tematici.
Desiderare di possedere un oggetto non è, di certo, una vergogna. Rientra nella normalità dei meccanismi umani. Ed è anche normale che le pubblicità facciano leva sulla nostra psicologia. Forse, quello che andrebbe ridimensionato è il bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti che, spesso, crea finti bisogni e necessità, e che in certi casi può risultare nocivo sia per i più giovani sia per gli adulti.

Silvana Calcagno

Foto: zoonabar

Silvana Calcagno

Laureata in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Catania, ho conseguito un Master con il Sole 24 Ore in Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali. Attualmente lavoro come assistente editoria e comunicazione presso un’azienda di progettazione e consulenza in ambito culturale. Sono interessata all’arte, alla letteratura, alle nuove tecnologie e ai temi sociali e di attualità.

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