Storie di padri divorziati. L’incontro con uno di loro

Di storie di padri divorziati ce ne sono tante. Difficili e piene di sofferenze. Padri soli che spesso si arrendono di fronte alle difficoltà della nuova vita da separati, e restano ai margini del loro ruolo genitoriale. Ma questa, al contrario, è una storia di speranza.

Un’indagine dell’Adiantum (Associazione di Aderenti Nazionali per la Tutela dei Minori) rivela che in Italia sono 4 milioni i padri separati e, tra questi, 800.000 incontrano serie difficoltà economiche per far fronte alle spese di mantenimento. A sostegno di questi dati si aggiungono le stime della Caritas, secondo le quali il 26% degli ospiti delle loro mense è costituito proprio da questi uomini, che rappresentano ormai una parte dei nuovi poveri .
Per far fronte a queste problematiche, sono nate diverse Associazioni, tra le quali l’APS (Associazione Padri Separati) di Bologna, che da vent’anni offre supporto legale e psicologico a questi papà, organizzando numerose iniziative, come convegni a tema, incontri, forum di discussione, colloqui con esperti per ricevere consigli.

Abbiamo ascoltato la storia di uno di questi padri, utilizzando, per tutelare la sua privacy, un nome di fantasia.
Incontriamo Michele a casa sua, dove vive con il figlio. La sua stretta di mano è decisa, lo sguardo attento.
La prima domanda che gli poniamo è come sono stati i primi giorni dopo la separazione da sua moglie, quando è rimasto da solo con il bambino, e come li hanno vissuti sia dal punto di vista pratico che emotivo.
«Ero contentissimo di averlo con me, ma la mia più grossa paura era che cercasse la mamma, soprattutto la sera prima di addormentarsi, e io non avrei saputo come far fronte a questo suo bisogno. Fortunatamente la sentiva al telefono la sera dopo cena e poi era tranquillo».
Michele continua dicendo che oggi, a distanza di alcuni anni, sono stati molti i cambiamenti: mentre inizialmente il bambino era nervoso e faceva i capricci, con molte discussioni, adesso è più tranquillo e anche lui, il padre, si sente più sereno, avendo cercato di evitare eventuali tensioni con la madre.

Gli domandiamo se il figlio ha avuto difficoltà a scuola e come è riuscito a superarle. «Mi verrebbe da dire che ha fatto tutto da sé – risponde Michele con tono deciso –, come se avesse capito che doveva impegnarsi per venir fuori dal quel periodo di sofferenza e instabilità. Le difficoltà iniziali le ha superate pian piano, con costanza e pazienza. È stato molto bravo.» Prosegue parlandoci di chi lo ha affiancato in questo percorso. «Le maestre gli sono state vicino, e mi hanno aiutato molto. Quando però mi hanno proposto di farlo aiutare da uno psicologo, io mi sono opposto e anche in maniera molto decisa. Avevo paura che mio figlio potesse crescere come una sorta di “sorvegliato speciale”, controllato e spiato a vista, ed io con lui. Si sarebbe sentito ancor di più un bambino diverso dagli altri, e non volevo assolutamente che accadesse. Mi ero ripromesso quanto meno di provarci, e nel caso in cui non fossi riuscito ad aiutarlo da solo, allora probabilmente mi sarei arreso.»La giornata di Michele e del figlio inizia molto presto. Ci racconta con entusiasmo che prima di svegliarlo gli prepara la colazione, poi lo accompagna a scuola, passando a prendere anche un suo compagno. «Pranziamo sempre insieme – continua – e nel pomeriggio c’è sempre gran movimento a casa nostra. Un giorno il basket, un altro il catechismo, un altro ancora la merenda con gli amici. Spesso la sera andiamo a cena fuori, lo vizio anche, ma quando gli prometto una cosa cerco di abituarlo a guadagnarsela, magari dicendogli che prima deve terminare i compiti.»

Gli chiediamo poi quali sono le difficoltà di un papà single e come riesce a organizzare la sua giornata tra il lavoro, tutte le cose da fare in casa e i vari impegni. Spiega di non aver avuto grosse difficoltà nel gestire ogni cosa da sé, in quanto ha la fortuna di avere un lavoro che gli permette di avere molto tempo per occuparsi di lui. Prima di salutarlo, un’ultima domanda, che crediamo possa essere una legittima curiosità di tanti lettori: se ha mai pensato di rifarsi una vita. «No. Vivo solo per mio figlio – risponde sorridendo –. Un domani magari mi manderà al diavolo, e sono preparato anche all’eventualità che possa decidere di andare a stare con sua madre. In tutta coscienza, so di aver fatto e di fare tutto ciò che posso per assicurargli serenità e stabilità. E poi è molto attaccato a me, molto geloso di chiunque mi si avvicini. Quando qualcuno scherza con lui sull’argomento, risponde che a papà non serve avere un’amica… “Ci sono già io!”».
Concludiamo l’intervista e salutiamo Michele.
I numeri che trapelano da indagini e stime non sono certamente dei più confortanti, ma tra le varie storie di padri divorziati, quasi dei “nessuno” nella vita dei loro figli, dopo aver ascoltato questa, ci sembra quasi che si apra uno spiraglio di speranza. A dimostrazione del fatto che, magari con ingredienti quali amore, impegno e tanta buona volontà, delle volte può esserci anche un lieto fine.

Serena Petrongolo

Serena Petrongolo

Ho quarantuno anni, vivo a Prato, e lavoro come segretaria in uno studio medico. Sono una di quelle donne che, dentro una libreria o una biblioteca, respirando l’odore di carta e inchiostro, sembra Alice nel Paese delle Meraviglie. Sin da ragazzina la mia più grande passione è stata la lettura, che man mano si è trasformata in amore per la scrittura. Dopo aver redatto alcune recensioni, ho seguito un corso di correzione bozze e scoperto un nuovo modo di mettere a frutto questa mia attitudine. Da mamma e impiegata a “giornalista” nel giro di poco tempo, coltivo un sogno nel cassetto: scrivere un libro. Magari la biografia di grandi donne ancora sconosciute, o forse una raccolta di storie di vita vissuta. Quando sono entrata a far parte della redazione, ho pensato che questo sarà un modo nuovo di fare giornalismo, un po’ speciale come lo è la sua mission e come lo sono le persone che ne fanno parte.

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