Wild Wide Web, dove finisce la libertà e inizia il rispetto?

Dopo l’infelice satira sulla morte di Simoncelli, apparsa su Nonciclopedia, Vasco Rossi dichiara guerra al sito satirico. Il popolo della rete si schiera su due fronti: libertà d’espressione o rispetto dell’individuo. Il web? Arma di distruzione di massa, interesse economico e mancanza di saggezza.

Pochi sapevano cosa fosse Nonciclopedia fino a circa un mese fa. È stato l’approdo a Internet di Vasco Rossi a far scoprire all’opinione pubblica questa versione satirica di Wikipedia, che da sei anni si prende gioco di tutti i personaggi dello spettacolo, dello sport e della cultura, senza alcuna pietà. Agli inizi di ottobre la magistratura ha accolto la denuncia dei legali del Blasco nazionale, riscontrando che esistevano i termini della diffamazione in una pagina che l’enciclopedia satirica aveva dedicato alla rockstar. Il popolo del web, in nome della libertà di espressione e della creatività, è insorto prontamente contro lo sceriffo Vasco e 70.000 fans, uno più uno meno, si sono cancellati dal suo profilo Facebook; il sito satirico viene chiuso dagli stessi gestori, per protesta contro il cantante o per paura, e poi riaperto, in seguito alla marea di richieste postate in rete. Però la lezione non basta agli indomiti scrittori satirici e, dopo la tragica morte di Marco Simoncelli, i ragazzi di Nonciclopedia ci riprovano ancora, ma questa volta la satira è davvero di cattivo gusto. Ci vanno giù pesante, sia nei confronti di Sic che di Valentino Rossi. Vasco s’infuria e dichiara in maniera perentoria la sua intenzione di far chiudere definitivamente il sito. A ruota lo seguono Fiorello e Facchinetti con messaggi di denuncia su Twitter. A questo punto il campo dello scontro si allarga, si mettono in discussione le regole di scrittura sul web, il significato di satira e di libertà d’espressione, s’invoca il Garante delle Comunicazioni e si dichiara guerra aperta.

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I termini della questione si complicano: si tratta d’informazione o piuttosto di pubblicità? Stiamo vivendo una nuova primavera mediatica, in cui la diffusione della banda larga permette a ognuno di esprimersi liberamente o piuttosto siamo spinti dalla ricerca del clic facile e dallo stimolo a condividere quel “mi piace” che costruisce il guadagno in rete?
Internet non ha bisogno di confini. «Nessun paese, né alcun singolo attore privato dovrebbero monopolizzare la rete, che andrebbe sottratta anche al dominio esclusivo dei governi e dei soggetti che operano soltanto a scopo di lucro», si legge nell’articolo di Reed Hundt, nell’ultimo numero di Aspenia dedicato a Media 2.0, Potere e libertà. Come non riconoscere il ruolo, tanto straordinario quanto imprevedibile, che la rete ha svolto, ad esempio nella cosiddetta Rivoluzione dei Gelsomini.
Dobbiamo però evitare le generalizzazioni, per non cadere nella trappola di giustificare ogni nefandezza come espressione della libertà di stampa. Leggi in materia di scrittura web, regolamentazioni sull’uso della rete e codici etici di comportamento: il problema non è internet ma l’uomo e il grado di maturità raggiunto nell’usare uno strumento così potente e veloce. Il rispetto non s’impone con le leggi o con le regole, ma s’impara considerando l’altro un individuo degno come noi. Che valore creiamo se facciamo cattiva satira, TV spazzatura o giornalismo denigratorio?

Erino Poli

Foto: http://www.flickr.com/photos/codiceinternet/2929723344/sizes/z/in/photostream/

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