La Sicilia di Giuseppe Culicchia, tra favola e realtà

Sicilia, o cara!, invoca nel 2010 lo scrittore, decidendo di riassumere così i suoi ricordi e le emozioni provate al pensiero delle sue origini. Culicchia ricorda il primo viaggio in Sicilia compiuto negli anni Settanta, momento che ha dato vita a un attaccamento forte e nostalgico a questa regione.

Responsabile dei suoi primi sogni sulla Sicilia era stato il padre. Da oggetto di favole e racconti della sua infanzia, da scenario di avventure epiche, la Sicilia ha preso forma concreta per il piccolo Giuseppe grazie al primo viaggio nel trapanese compiuto a sei anni, con la famiglia. Confondendo fantasie oniriche sulla Sicilia e sui viaggi in treno, ricordi dal film Il padrino e la ridotta cognizione delle distanze, Culicchia bambino vive un approdo eroico e catartico nell’isola, e in Sicilia, o cara ricostruisce questa e altre storie, aneddoti, vicende umane e parentali, con grande intensità.
Nato e cresciuto a Torino, figlio di madre torinese e padre trapanese, per la precisione marsalese, Giuseppe aveva sempre fantasticato sui racconti dell’infanzia del padre, sull’eroica migrazione dei nonni a Torino, sui ricordi nostalgici del padre di Marsala, che rievocava di tanto in tanto facendone scenario di vere e proprie favole.
Il viaggio narrato, vero fulcro di Sicilia, o cara, comincia con tutta l’emozione della lunga vigilia. Giunto il giorno tanto atteso, il viaggio diventa nel vissuto del bambino un avventuroso attraversamento dell’Italia a bordo di un treno, notturno fino a Roma, poi in pieno giorno lungo le coste dell’Italia meridionale, in un crescendo di emozione e di meraviglia per il piccolo Giuseppe, che dalla vista del mare all’intensificarsi della luce del sole e dei profumi sente avvicinarsi la terra mitica tanto sognata. Il bambino, di appena sei anni, resta segnato dal lungo soggiorno a Marsala, di cui descrive le coste, le spiagge, l’isola di Mozia, l’ospitalità quasi soffocante di parenti e amici, sempre anticipata da «Ma tu Peppe sei! Peppe come tuo nonno Giuseppe Culicchia! Pippinu! Pippinu Piruzzu!» e all’insegna di costanti «Mangia, sangu meu! Mangia!, tra sventagliate di chistu e di chiddu […]».
Culicchia racconta numerosi aneddoti legati a quel suo primo viaggio, e accenna ai successivi viaggi in Sicilia, che gli entrerà nel cuore per la vita, tanto da indurlo a tornarci in compagnia con la moglie ripercorrendo l’Italia in auto.
Da memoria autobiografica di Culicchia, Sicilia, o cara si fa anche una guida alla provincia occidentale della Sicilia, da Segesta all’isola di Mozia, alle Egadi a S. Vito Lo Capo, alla sua cucina – di cui Culicchia suggerisce molte ricette – alla vita locale, alle bellezze paesaggistiche, a costumi sociali così radicati, al senso di comunità così viscerale da sconcertare il forestiero impreparato.
La narrazione unisce entusiasmo e nostalgia per il passato, ora che il padre di Culicchia non c’è più, il padre a cui «bruciavano gli occhi» a ogni ricordo. C’è malinconia al pensiero di «un’altra Italia» alla quale lo scrittore sente di appartenere. E c’è tanta tenerezza. Appare chiaro al lettore che Culicchia non ha inteso realizzare un capolavoro letterario, quanto piuttosto dar voce alla propria appassionata memoria.

Francesca Desiderio

 

Culturedalmondo
Il blog, realizzato da Alessia Delcré e Francesca Desiderio, nasce dalla passione per la letteratura straniera inedita, le arti e le culture. Il suo fine è sottoporre agli editori reportage di viaggio, approfondimenti culturali e recensioni di libri stranieri non ancora tradotti in italiano.

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