Sardegna, la terra dei contrari
Saper raccontare la Sardegna con semplicità evidenziando i sui mille volti: complessa, rude, ma gentile e profonda. In alcuni luoghi il paesaggio è così aspro e pietroso da negare ogni conforto estetico, ma improvvisamente i campi coltivati a grano e zafferano sono pronti a dialogare con l’animo del viaggiatore. (Foto: © Alessandra Mannarella)
Le rocce di granito in GalluraL’approdo. La sera dipinge di bagliori purpurei il profilo roccioso della costa, mentre la nave entra adagio nel porto di Olbia pronta a sbarcare i visitatori. Rimango ancora pochi attimi sul ponte a guardare i gabbiani volteggiare a pelo d’acqua trasportati dal vento. Scoprire la Sardegna a giugno è un incanto d’inizio estate. Tocco terra e sento già di amarla.
Struggente creatura. Se fosse una tipologia di donna avrebbe i capelli neri come l’ossidiana, gli occhi verdi smeraldino, labbra profumate di miele amaro e tra le braccia mazzi di ginestre, mirto e fichi d’India. Un volto che racchiude il paesaggio sardo, unico, mai decorativo, semplicemente essenziale.
La persistenza del passato. Sardegna: luogo del mito, del primitivo, del naturale. Difficile sfuggire da questa icona, dalle suggestioni tipicamente “deleddiane”, decisive per la costruzione dell’immaginario del viaggiatore. C’è il mare e la montagna. Ci sono i pastori e i minatori, il sole e il vento. Ci sono gli scialli e le coppole, i banditi e i nuraghi. Ci sono i vecchi, i treni e le osterie. C’è insomma l’umana esistenza.
Seguire il luogo comune. Quasi tutto il turismo di massa non si sofferma sugli aspetti antropologici dell’isola, piuttosto ricerca il solco della modernità, l’ossessivo amore verso l’artefatto. Porto Cervo e mondanità. Creazioni firmate l’Aga Khan.
Il mare verde smeraldo è il grande protagonista e le sue coste cambiano scenario continuamente: rocce a strapiombo, insenature profonde, promontori, spiagge lunghissime di sabbia impalpabile, baie e calette incantevoli si affacciano sull’acqua cristallina.
La costa frastagliata della Gallura è un merletto di granito seghettato dal possente maestrale.
Il vento, la pioggia e il mare hanno levigato le rocce creando sculture naturali tanto da lasciar spazio a paesaggi ipnotici.
L’elevata vocazione turistica del territorio garantisce ottimi servizi di ricezione e d’intrattenimento, la rinomata e affollata Costa Smeralda si trova qui, ma in Sardegna non è difficile scoprire tanti luoghi meno gettonati, dove godere liberamente di scenari di grande bellezza naturalistica.
Per questo mi distinguo. Profondamente diversa è la Costa Verde “l’ultimo paradiso mediterraneo” sul versante sud occidentale dell’isola.
Davanti, il mare selvaggio raramente calmo. Alle spalle, la sconfinata prateria di macchia mediterranea e in mezzo le dune più alte d’Europa: colline di sabbia dorata modellate dal maestrale, patrimonio dell’Unesco.
Tutto il litorale è un susseguirsi di spiagge caraibiche da raggiungere con un saliscendi tra entroterra e costa.
Dietro ad una curva, in fondo all’unica strada sterrata, appare la spiaggia bianca di Piscinas. Qui, le dune hanno dato luogo a fenomeni unici disegnando un vero ambiente sahariano di grande impatto visivo. Passeggiando sulla sabbia, tra il ginepro coccolone piegato dal vento, il giglio marittimo e il papavero giallo, la mente è investita dal silenzio circostante; fortunatamente poche sono le strutture per la ricezione turistica, sulla spiaggia sono presenti due chioschi e un servizio di noleggio canoe, pattini ed ombrelloni.
Nelle mattine di primavera può capitare di vedere sulla spiaggia qualche esemplare di cervo sardo che, dopo aver rischiato l’estinzione, è tornato a popolare la zona.
Archeologia industriale. Incastonato tra le verdi montagne, a pochi chilometri dalle dune di Piscinas nella regione dell’Arburese, il vecchio borgo di Ingurtosu è impregnato della storia legata allo sfruttamento minerario.
Dalla strada che sale ripida nella valle si incontrano numerosi e suggestivi ruderi delle strutture estrattive e delle case dei minatori. I resti dell’imponente complesso della Laveria Brassey rimandano al visitatore, l’idea di una Sardegna profondamente ferita, dimenticata: capace di raccontare la sofferenza degli uomini costretti ad abbandonare l’attività mineraria durante la crisi del dopoguerra. Una Sardegna dai toni neorealistici che porta con sé tutto l’amaro della vita.
Il richiamo dell’entroterra. Spesso accade, durante il viaggio, che “la nostalgia” per aver lasciato la magnifica costa si dissolva in fretta alla vista di un paesaggio montano incomparabile.
Impervia, selvaggia: tutta la dorsale montuosa della Barbagia è un mondo ricco di suggestioni, segreti e tradizioni.
Spettacolare è la strada che si snoda lungo i fianchi delle montagne: un cordone d’asfalto che le stringe, una dentro l’altra, in perfetta armonia.
Immense distese di lecci, tassi secolari, ginestre e rose peonie fanno da contrappunto a fantastici canyon dalle creste rocciose.
Si erge solitario il Supramone, un vasto altipiano di calcareo dolomitico costituito da aspre cime rocciose, profonde gole, grotte e doline che va ad affacciarsi con alte pareti verticali al mare sul Golfo di Orosei.
È un’autentica fortezza che racchiude al suo interno lo spirito della Sardegna autentica, la Sardegna dei pastori e dei banditi che vivevano quassù isolati per mesi.
Dal Supramone di Oliena non mancano le testimonianze archeologiche della presenza dei nuraghi.
Attraversata la valle di Lanaitho si cammina su un sentiero sterrato ricco di rare erbe aromatiche spontanee, fino a raggiungere il villaggio nuragico di “sas Sedda e sos Carros”, all’interno del quale è stata scoperta una fonte sacra di forma circolare con nove protomi di ariete scolpite sulla pietra: interessante per comprendere il sistema di raccolta delle acque nell’età del bronzo.
Da qui, si ripercorre a ritroso la stessa strada che da Oliena porta alla straordinaria sorgente di Su Gologone: fonte di ineguagliabile bellezza; ieri refrigerio per assetati pastori, oggi ammirazione per chi ama la natura.
A pochi passi dalle omonime sorgenti, tra vigneti e ulivi secolari, si incontra una delle leggende dell’ospitalità sarda: il country resort “Su Gologone”.
Il fascino di questo incantevole realis di campagna, sta tutto nell’irripetibile intreccio di suggestioni e atmosfere, di profumi e sapori delle cose buone di una volta.
Davanti al secolare camino, fra antichi arnesi di campagna, il ristorante si presenta come il tempio della cultura gastronomica locale. Scrigni di delizie che si svelano al palato nei loro irrepetibili sapori: pane guttiau e formaggi, paste fresche tirate a sfoglia, maialini succulenti cotti allo spiedo, vino cannonau, pasta frolla e mandorle eseguite secondo ricette gelosamente custodite.
Sdraiata comodamente su una longchair dell’hotel, in uno scenario di per sé già magico, al quale fa da cornice un cielo ammantato di stelle, chiudo gli occhi per esprimere un desiderio. Rivederti presto, Sardegna.
Alessandra Mannarella