San Galgano:la via del mistero
Un piccolo assaggio delle terre senesi attraverso San Galgano.
Un viaggio tra religiosità autentica, leggenda e mistero, in una campagna di inarrivabile bellezza che porta il segno forte e geniale di una grande leggenda.
Si può raccontare di un viaggio parlando di una leggenda o più propriamente di una storia che sconfina nella leggenda? Forse si, se si tratta di una grande ed intrigante “Storia”!
E certamente la nostra lo è… stiamo parlando dell’imponente Abbazia di San Galgano.
Una grandiosa struttura cistercense in puro stile gotico risalente al 1218, che troviamo a circa 30 km ad Ovest di Siena, al confine con la provincia di Grosseto, fra Monticiano e Chiusdino, in una terra selvaggia e incontaminata, ricca di bellezze naturali.
Per un attimo, quando arriverete, vi sembrerà che il tempo sia tornato indietro improvvisamente al primo Millennio, al Medioevo.
Attraversando una magnifica valle verdeggiante, con alla sinistra Chiusdino, sorge di colpo in mezzo agli ulivi toscani questo tempio a cielo aperto in travertino e onice… custode di un passato che affonda le sue radici in epoche lontane. L’interno è particolarmente suggestivo per la semplicità dell’impianto e l’arditezza di alcune soluzioni architettoniche, come la cupola centrale, che alterna, come all’esterno, file di pietra bianca a contrasto con il rosso dei mattoni.
A mio avviso rappresenta uno dei monumenti più belli del Senese, in primo luogo per la sacralità che emana, ma soprattutto per la particolarità di non avere copertura; caratteristica che la rende ancora più affine ai templi pagani (anche se la copertura fu tolta in seguito) perché elemento sacro in contatto con la natura circostante.
Consiglio vivamente, per chi avesse la fortuna ed il tempo, di fermarsi qui almeno una notte (la biglietteria chiude per questo motivo molto tardi, verso le 23.00).
Trovarsi in una chiesa e percorrere la navata centrale avendo come copertura un cielo stellato non è qualcosa che si trova in ogni angolo della terra!
Un “non so che” di magico e indescrivibile che vale davvero la pena, tanto che anche il grande regista russo Andrej Tarkovski vi ha girato una scena indimenticabile nel suo film Nostalghia.
Andando un po’ a ritroso nel tempo, per l’esattezza intorno al XIV secolo, l’Abbazia di San Galgano rappresentò un importante punto di riferimento per viandanti, pellegrini e gente di ogni tipo. Raggiunse infatti, grazie anche al sostegno economico di Federico II (noto alchimista e ricercatore del Graal) una ricchezza e un rispetto notevole, tale da contenderla tra il papato e la Repubblica di Siena.
Purtroppo, dopo questo periodo di splendore, iniziò una lenta decadenza che ridusse l’Abbazia ad un grandioso e mistico rudere abbandonato all’incuria degli uomini.
Fortunatamente, come si suol dire: “non tutto il mal vien per nuocere” perché il diamante di San Galgano possiede tuttora un’aura di mistero che inevitabilmente colpisce chiunque se ne avvicini.
Ma a rendere sicuramente l’atmosfera più magica ed esoterica è sicuramente la storia che ruota intorno a San Galgano.
La leggenda narra infatti che il santo, il cui vero nome è Galgano Guidotti, era un nobile cavaliere che, ben quarant’anni prima di Francesco d’Assisi, decise di rifiutare le armi e darsi alla vita eremitica sul Monte Siepe (nella pianura della Val di Merse) a una trentina di chilometri da Siena.
Il nobile Galgano piantò la spada nella roccia, allo scopo di trasformar l’arma in una croce.
Durante una sua assenza per un pellegrinaggio a Roma, la spada subì un tentativo di furto da tre uomini, che non riuscendo a sfilarla, la ruppero e l’abbandonarono lì.
Il castigo divino non perdonò l’atroce misfatto e raggiungendoli, uno venne fulminato all’istante, un altro annegato, mentre il terzo venne aggredito da un lupo che gli tranciò entrambe le mani (nell’eremo, in una bacheca, è possibile vedere le ossa delle mani del ladro), ma venne risparmiato all’ultimo momento perché, pentito, invocò il perdono di Galgano.
Al ritorno Galgano trovò la spada spezzata, se ne dispiacque molto, ritenendosi responsabile dell’accaduto, poiché si era allontanato.
Ma una voce celestiale improvvisamente intervenne dicendogli di riunire i pezzi e così facendo la spada si ricompose miracolosamente.
Da quel momento Galgano restò in quel luogo fino alla fine dei suoi giorni, morendo in preghiera.
In effetti oggi nella Rotonda di San Galgano o eremo di Monte Siepi (la semplice chiesetta in stile romanico senese a pianta circolare costruita dal santo stesso) è possibile ammirare attraverso una teca in plexiglas, un masso dal quale spuntano un’elsa e un segmento di una spada corrosa dagli anni e dalla ruggine.
L’evidente analogia con il mito arturiano non manca di sollevare quotidianamente curiosità e, talvolta, anche qualche ipotesi ardita su possibili relazioni fra la mitologia della Tavola Rotonda e la storia di Chiusdino.
L’atmosfera del luogo che ospita questa leggenda è magica e risulta difficile considerarla solo favolisticamente, ma la verità non la sapremo mai… dunque perché non crederci!
Zaira Leone
La foto n. 1 è stata presa da: http://www.flickr.com/photos/giova66/
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