Lavoro in fieri

L’occasione della partenza del corso di formazione InTempo, che dà l’opportunità ad una ventina di corsisti, durante i tre mesi di lezione e pratica, di lavorare concretamente sull’elemento articolo, mi offre il fianco, in questo nuovo numero di Tempovissuto, per riflettere sul sistema di formazione attualmente vigente.
La formazione, anche se non sempre con questa intenzione, sembra essere diventata di due tipi: attiva e passiva. Nella prima, i ragazzi che seguono i corsi partecipano attivamente, imparando a svolgere in pratica quanto appreso in teoria. Nel secondo caso, ciò non avviene.
L’Università italiana – troppo spesso e purtroppo – appartiene alla seconda categoria. Lezioni, laboratori, tesi, esami… ma alla fine gli studenti non sembrano sempre avere le competenze necessarie per svolgere l’attività per cui sono stati formati. Anzi, mi correggo; forse le competenze ci sono (questo dipende dalla qualità del tempo di studio di ogni singolo studente), quello che manca è l’abilità e la dimestichezza nel metterle in pratica.
Troppo volte emerge il disagio del neulaureato al momento di scendere in campo, per iniziare a lavorare. Troppe volte quanto appreso all’università rimane pura astrazione. Pensiamo a facoltà universitarie come Economia e Giurisprudenza. Dovrebbero consegnare in mano le chiavi per l’accesso alla professione, ma purtroppo di solito la realtà è più stridente. In Tribunale, gli avvocati devono apprendere una miriade di cose in più (redigere un atto, presentare un ricorso, inoltrare una domanda, scrivere un parere), così come il direttore di negozio, il caporeparto o il responsabile marketing, che sanno tutti lavorare nell‘economia, ma non sempre con l’economia.
E se nelle nostre aule universitarie si iniziasse a far apprendere come si lavora? Se gli studenti italiani cominciassero a saper fare davvero e nella pratica, dopo il termine degli studi, ciò che hanno imparato?
Generalizzare è spesso un male, ma in questo caso, davvero, è necessario guardarsi attorno e domandarsi: è normale non saper svolgere il lavoro per il quale si sono spesi anni di formazione?

M. P.

Marco Papasidero

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