
La pesante leggerezza di Serge Latouche, agnostico della crescita economica
Un “ateo della crescita, o quanto meno un agnostico”. Così si definisce Serge Latouche, anticonvenzionale economista di rango internazionale. Lo abbiamo di recente incontrato in un paesino del nostro profondo sud, che sembra la rappresentazione perfetta delle sue teorie sulla “decrescita felice”. (Foto © Raffaele Basile)
Serge Latouche è un economista decisamente sui generis, che considera il modello economico dominante strettamente collegato alla crescita dei consumi, una sorta di “imbroglio” ideologico. Nella sua più recente opera, il saggio “Per un’abbondanza frugale”, pubblicato in Italia proprio poche settimane fa, Latouche riprende le tematiche principali del suo pensiero: come realizzare una non illusoria felicità sociale, svincolata dal mero possesso e consumo di beni materiali. Una felicità che il pensatore francese vede come un mix di perseguimento del bene comune, rispetto della natura, amplificazione di forme di convivenza “arricchenti”. Il tutto improntato alla ragionevolezza piuttosto che alla mera ragione. Ed eccolo il professor Latouche: berretto squadrato, maglione e giaccone, tutto rigorosamente blu navy. Il suo aspetto è in perfetta sintonia con la scenografia marinaresca che s’intravede dal centro storico di Pollica, paesino-terrazza sulla costa cilentana. In una piovosa mattinata di fine gennaio, lo studioso francese si trova da queste parti per una delle tappe che ha dedicato a una serie d’incontri di studio in Italia. «In effetti, c’è in me una componente marinaresca. Sono partito dall’oceano delle coste bretoni – dove sono nato – e ho poi cominciato le mie frequentazioni mediterranee, tra cui quella di oggi…». Così Latouche controbatte alla nostra sottolineatura – in attesa che il convegno inizi – sul suo aspetto da vecchio lupo di mare. Poi, dopo un attimo di esitazione, un “affondo” spiazzante in sintonia perfetta con il suo stile argutamente ironico. «Anche questa di oggi è stata una sorta di decrescita, dal grande oceano a un mare più raccolto», dice sorridendo nell’avviarsi al tavolo dei relatori.
Decrescita, anzi a-crescita, è la parola-chiave del pensiero dell’economista-filosofo. Nell’esporlo, durante il workshop, il professore, che insegna scienze economiche all’Università di Parigi, dimostra di non essere per niente un mero teorizzatore: la sua disamina sulla “a-crescita” ha un approccio concreto, che tiene conto anche di ogni possibile contestazione sulla fattibilità delle sue idee. Viene da pensare che sarebbe un ottimo pubblicitario, con la sua capacità di sintesi, la sottile ironia e il gusto per lo slogan e i giochi di parole. Al termine del suo intervento, condotto in un italiano senza sbavature, reso intrigante dalle sonorità francofone, ci accomiatiamo da lui e gli promettiamo che la prossima volta che leggeremo un suo testo lo faremo nella sua lingua madre, per cogliere ogni “finezza” del suo pensiero. «Italiano o francese, non cambia molto… Le traduzioni in italiano dei miei testi le ritengo molto buone, e quindi se il mio pensiero è buono in francese lo sarà anche in italiano», chiosa con il suo sorriso sornione l’antesignano degli “obiettori della crescita”. “Questo” Latouche è davvero di una leggerezza… pesante , ci viene da pensare, e probabilmente la sua passione per gli ossimori deve averci già un po’ contagiato. Leggendo ed ascoltando l’economista, infatti, ci si rende conto di come egli riesca a proporre il proprio pensiero con una certa lievità dell’esposizione, alla quale fa da contraltare l’autorevole “peso” delle sue teorizzazioni, che stanno progressivamente iniziando a farsi sentire nei movimenti d’opinione a livello internazionale.
Raffaele Basile