Hoy, l’isola dimenticata delle Orcadi
Storia, pietre e fascino
L’isola di Hoy vista dal traghetto suscita una sensazione di vuoto; circumnavigandola per raggiungere il Mainland, l’isola principale delle Orcadi, non si nota alcun insediamento umano. Hoy non è raggiungibile dalla terraferma ed è per questo che ci stiamo recando nel Mainland.
E’ un’isola imponente,un altopiano circondato da una distesa d’acqua nera come la pece, interrotta solo dal bianco di qualche uccello marino a caccia di pesce. A metà strada il capitano ci avvisa che alla prossima svolta potremo ammirare l’Old Man of Hoy, una colonna di roccia e basalto alta centotrentasette metri sospesa nel mare, molto amata dagli scalatori di tutto il mondo. E’ più massiccia di quanto possa sembrare in una foto, come del resto tutto qui in Scozia. Ammiro affascinata quel monolite naturale, quando il capitano prende di nuovo la parola e ci informa che a breve raggiungeremo il paesino di Stromness, nel Mainland.
Due giorni dopo prendo il traghetto per Moaness, il porto più piccolo di Hoy. Il traghetto non è altro che un piccolo peschereccio che guadagna qualche spicciolo portando i turisti da un porto all’altro. Il viaggio è breve, neanche mezz’ora, e scopro che Moaness in realtà è solamente una banchina. Con dolore mi accorgo che l’ostello è in cima ad una stradina ripidissima, e anche per un’assidua camminatrice come me l’impresa si rivela ardua.
L’unico consiglio che sento di dare a chi vuole intraprendere un’avventura di questo genere è di procurarsi il cibo necessario nel Mainland, perché a Hoy è già tanto se si incontrano altre persone.
La nostra tappa a Hoy è la Dwarfie Stane, una enorme pietra scavata dagli uomini primitivi e usata come abitazione. Secondo la leggenda, venne costruita da un gigante e dalla sua consorte, che in seguito vi vennero intrappolati dentro da un malvagio colosso che voleva liberarsi di loro per diventare il re dell’isola..
Dall’ostello prendiamo la strada per Rackwick Bay, godendo appieno del paesaggio aspro e selvaggio che rende Hoy così diversa dalle altre Orcadi.
Il paesaggio estivo nel nord della Scozia è dominato dalle sfumature del viola delle distese di erica, o dal bianco sporco di masse altrettanto estese di pecore.
Ci fermiamo diverse volte a leggere i cartelli informativi su flora e fauna: alcune zone sono recintate per impedire alle pecore di brucare quel poco che è rimasto dell’ecosistema originario. Ci riposiamo a metà via davanti al “Bosco di Hoy”, ampio pochi ettari, ma il più grande delle Orcadi; il vento qui soffia così forte che sono pochi gli alberi che non si spezzano.
Dopo un’ora deviamo dalla strada principale e ci inerpichiamo per un suggestivo sentiero di listelli di legno, da considerare essenziale per non sprofondare fino alle ginocchia nella torba.
Scorgo un monumento in alto: si tratta di una pietra solitaria in mezzo ad un panorama viola.
Quando raggiungiamo la cima, stanchi ma soddisfatti, corro verso l’ingresso della Dwarfie. Qui si trova la “Pietra del nano”, infatti, ci sono due giacigli di pietra collocati internamente lungo le pareti, troppo piccoli per essere di un uomo normale, anche se primitivo (l’altezza media degli uomini primitivi è circa 130 -140 cm).
In questo pomeriggio di bel tempo, raro in Scozia, approfittiamo per prendere il sole sopra la pietra.
Mi dà un senso di calma, pace e meraviglia l’idea di essere distesa su un monolite scavata da uomini abituati ad un clima molto difficile e che conta almeno 5000 anni,
Aspettiamo che il tramonto arrivi, e, anche se ci troviamo sul lato meno suggestivo dell’isola, è davvero mozzafiato. Torniamo felici all’ostello e il giorno dopo ripartiamo per il Mainland soddisfatti.
Mentre il traghetto si allontana guardo la banchina e la spiaggia lì accanto, dove un branco di foche sta prendendo il sole, e sono grata al freddo, al vento e alle ripide salite, perché hanno permesso che ancora oggi Hoy rimanga un paradiso naturale intatto e, per fortuna, dimenticato.
Anna Martini