Cattolici non praticanti
Una contraddizione in termini
Siamo ormai abituati a sentire sempre più spesso persone di confessione cattolica che, però, si definiscono con la particolare formula di “non praticanti”, cioè che non frequentano la chiesa. L’affermazione, oggi molto diffusa in particolare tra i giovani, ha ben poco senso. Infatti caratteristica peculiare dell’essere cattolici è proprio la frequenza della chiesa, almeno durante le festività (Pasqua, Natale, ecc…) e durante le domeniche. E’ chiaro che se una persona non segue la messa per qualche domenica questo non intacca la sua cattolicità. La creazione di questa formula ad hoc nasce forse dall’esigenza di rimanere all’interno del gruppo, cioè mantenere l’identità di cattolico, nonostante questa non faccia più parte di un individuo già da tempo.
Coloro che non frequentano oggi la chiesa sono davvero tanti, per lo più giovani. Ma è da precisare che, contrariamente a quanto si sente dire in genere dai sacerdoti, non può essere soltanto una fase di smarrimento. Anche la Chiesa Cattolica ha una buona dose di responsabilità.
Abbiamo sentito il parere di qualche ragazzo ed è emerso che l’atteggiamento di discredito nutrito nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche è causato da vari motivi: in primis l’evoluzione storica della Chiesa, costellata da eventi turpi e disdicevoli; in secondo luogo da una magnificenza e da un’eccessiva pomposità delle celebrazioni, nonché una scarsa fiducia nei Testi Sacri. Riguardo a quest’ultimo punto, però, è bene fare un’annotazione. Molti giovani ignorano il contenuto di questi scritti, spesso lo travisano o, ancora più spesso, si lasciano influenzare dall’ormai nutrito corpus romanzesco fiorito in questi ultimi anni che mira a scardinare totalmente le fondamenta della Cristianità.
Marco Papasidero