
Cliffs of Moher, l’Irlanda da vertigine
Le Cliffs of Moher, in Irlanda, sono un’imponente muraglia di roccia che la natura ha “collocato” a picco sull’Atlantico. Dimenticatevi le placide scogliere dell’italica costa. Tra voi e l’oceano ci sono duecento metri di strapiombo. Sospesi tra paura di cadere e… voglia di volare! (Foto di Raffaele Basile)
Alle Cliffs of Moher, in Irlanda, il primo senso a essere allertato è l’udito. Cliffs of Moher, Irlanda: si trovano vicino al villaggio di Doolin, sulla costa occidentale dell’isola. A sollecitare gradevolmente la mia attenzione uditiva è il suono ben modulato di un’arpa gaelica, frammisto al verso dei gabbiani che si librano sull’oceano. La musica proviene da un’evanescente suonatrice piazzata in posizione strategica tra il Visitor’s Center e l’accesso ai sentieri a picco sulle scogliere. Deve essere un’habitué del posto, l’arpista, perché accanto a sé oltre al fedele strumento tiene in bella mostra alcuni ritagli di giornali, che parlano di lei. Vari cd-rom adagiati accanto all’arpa mostrano in copertina la stessa immagine di lei che appare ora a me, che ho da poco lasciato l’auto nella vicina area parcheggio.
L’auto l’ho lasciata volentieri, perché la guida a sinistra è un bell’esercizio di riequilibrio tra emisfero sinistro e destro della propria materia cerebrale, ma è anche qualcosa che affatica notevolmente il guidatore “continentale”, abituato alla classica routinaria guida a destra. Le note celtiche danno un loro rilevante contributo al rilassamento, non c’è dubbio. Ma esse lasciano spazio quasi subito, nella mia mente e nel mio immaginario, ad altre note musicali che spontaneamente mi si materializzano virtualmente nelle orecchie, mentre avanzo verso il belvedere di accesso alle Cliffs of Moher, ovvero l’Irlanda che ti si presenta così come te la immagini. Paura di cadere? No, voglia di volare! La hit di Jovanotti di qualche anno fa – la canzone “Mi fido di te” – mi risuona nella mente mentre decido di avventurarmi, in una tiepida mattina del maggio irlandese, lungo l’angusto sentierino che costeggia le Cliffs of Moher. Chissà se un giramondo come l’eclettico Jovanotti è mai stato da queste parti.
A dire il vero, in questa mattina in cui ho deciso di avventurarmi tra le scogliere di Moher, non mi sento d’immergermi del tutto né nella paura di cadere né nella voglia di volare. Prudentemente, mi mantengo a distanza “di sicurezza” dal ciglio dello spettacolare baratro, profondo oltre 200 metri. Là in fondo si staglia l’Oceano Atlantico, le cui tonalità di blu mi appaiono incorniciate tra rocce aguzze. Le Cliffs of Moher d’Irlanda sono un muro di roccia, dei veri e propri bastioni messi su dalla Natura. Appaiono come una linea di confine tra il mare, nel senso classico del termine, e un altro “mare” non meno esteso: quello d’erba che ricopre gran parte dell’Irlanda e di questa zona della contea del Clare. I suoni e gli odori dell’oceano arrivano attutiti dalle decine di metri che separano la sommità delle scogliere dalla superficie marina. I profumi del mare, dell’erba bagnata e dei vicini greggi si confondono con quelli portati su dalla brezza marina.
Nel momento in cui sto percorrendo il sentierino a strapiombo sull’oceano, vi è un tenue venticello e non c’è traccia di alcuna nuvola portatrice di pioggia, come Irlanda comanderebbe. Talvolta, ci si trova ad avanzare su poche decine di centimetri di spessore del sentiero. Il tutto su di un terreno vischioso e soggetto a erosione. La vertigine non è paura di cadere, certo. Però… una lapide posta in posizione strategica, dedicata a tutte le vittime della scogliera, mi ricorda che forse talvolta la vertigine può essere un misuratore di prudenza. Eppure, la tentazione della foto ricordo memorabile spinge diversi incauti turisti ad ardite – diciamo pure “sconsiderate” – contorsioni, per farsi fotografare il più possibile in prossimità degli strapiombi con vista oceano. Le scogliere di Moher sono percorribili grazie a diversi sentieri sia “ufficiali” sia “ufficiosi” (perché entrano in proprietà private o sono vietati per motivi di sicurezza), che si possono affrontare per poche centinaia di metri o per chilometri interi, quasi una decina in tutto. Rigorosamente a piedi, naturalmente. Non vi sarebbe spazio per altri mezzi di locomozione. Qui il concetto di scogliera è ben diverso da quello delle nostre coste, che sono di solito delle rassicuranti rocce su cui è possibile inoltrarsi, farsi la tintarella e immergersi nelle tiepide acque marine. Alle Cliffs of Moher, Irlanda, il mare non lo vivi toccandolo con piede e respirandolo da dentro. La superficie marina rimane un’entità distante, che si percepisce in prospettiva come l’inquadratura di una bellissima cartolina. Quei duecento metri che ti separano dalle onde, sono loro che fanno la differenza.
Raffaele Basile