Avventure estreme tradotte in poesia
Assetata di vita e animata da uno spirito errabondo, Chantal Mauduit visse e raccontò con grande intensità ogni sua impresa. I taccuini che l’alpinista portava con sé restituiscono la sua meraviglia e la consapevolezza della propria fortuna.
Abito in Paradiso, pubblicato dopo la morte avvenuta nel 1998 durante una scalata, raccoglie le emozioni vissute tra la Patagonia, l’Himalaya, l’Antartide e il Marocco.
Chantal Mauduit, scomparsa poco più che trentenne, concepiva i propri viaggi come un’esperienza dei sensi, del cuore e dell’intelletto, irrimediabilmente totalizzante, come si evince dai suoi appunti. Di ciascuna spedizione, infatti, sono raccontati i preparativi, le giornate spese a far propria la cultura locale attraverso un pasto in compagnia, un tè con gli sherpa, uno scambio via radio, una festa danzante, la musica locale, e tutto è poi tradotto in esperienza emotiva. Le descrizioni di paesaggi, persone, cibi e culture si trasformano in resoconti spirituali, in paragrafi lirici capaci di incantare il lettore.
Abito in Paradiso rivela descrizioni ora liriche ora fotografiche, e raccoglie impressioni forti, suggestioni prodotte da un tramonto o un’alba sull’Himalaya, la voglia di scoprire e imparare, di toccare il cielo sopra gli ottomila, di isolarsi nel deserto sabbioso o di ghiaccio e di cogliere il senso della vita nel volo di un albatros. La narrazione procede incostante, in un susseguirsi di descrizioni, riflessioni, citazioni di grandi scrittori.
In Patagonia, «un pomeriggio, a Rio Blanco, mi avventurai per fotografare il vento, come a caccia di un animale; prendere scatti di vento? Una necessità istantanea: il vento sull’acqua, il vento sulla montagna, il vento nelle nuvole».
In Nepal, da Katmandu allo Chogori o K2, la “luna himalaiana”, l’alpinista si chiede: «Dov’è finita l’estate? Ho scrutato l’orizzonte dalla cresta del K2, aggrappata alla montagna sotto la luce pallida della luna, solo ghiacciai serpeggiano tra le cime che si librano in lontananza». Incontra l’umanità più disparata: «arrampico con russi e americani, ma parlo con i vicini latini […] ascolto e chiacchiero con gli iberici: è fantastico». Descrive la perdita di sensibilità alle mani e ai piedi nel gelo intenso delle vette, ma poi conclude ammettendo che «il mio cammino interiore ha sorpassato l’orizzonte in un rigoglioso accenno di fioritura».
Del suo “viaggio antartico iniziatico”, Chantal ricorda la traversata in nave da Ushuaia, le balene, i pinguini, la musica, i compagni di spedizione in quel “Pacifico sconvolgente”; e poi lo sconforto per il gelo intenso, a tratti l’ironia («i Caraibi, dove sono i Caraibi…?») e le sue visioni: «Quale pittore, quale scultore non sognerebbe una tale immensità selvaggia a ispirargli schizzi, tele e sculture? Un museo nel quale ogni tipo di espressione artistica raggiunge la sua apoteosi […]».
In Tibet o in Nepal, partire per l’Himalaya è «inoltrarsi nella religione, una religione della contemplazione e dell’azione, è normale dare del tu alle tradizioni locali, passare di pagoda in pagoda e poi la sera gustare pozioni senza età». La salita al Nangpa-La (o “cammino interiore”) e al Manaslu è occasione per «trascendere la vista, il vissuto, cullarsi sulla cima di un monte, sognare altitudini su altitudini».
Abito in Paradiso si chiude con i brevi racconti di Chantal, dedicati a vita errante, colori, differenze tra i popoli, e con le pagine scritte nel vivo delle spedizioni, intime riflessioni annotate durante le scalate sull’Everest e su altre cime himalayane.
Francesca Desiderio
Culturedalmondo
Il blog, realizzato da Alessia Delcré e Francesca Desiderio, nasce dalla passione per la letteratura straniera inedita, le arti e le culture. Il suo fine è sottoporre agli editori reportage di viaggio, approfondimenti culturali e recensioni di libri stranieri non ancora tradotti in italiano.