Un gusto che sa di rancido
L’imbarazzo generale di fronte alla locandina del film francese “Les infedeles” (Gli infedeli), in uscita il 29 febbraio in Francia, è l’ultima prova che si sta spingendo sempre più oltre l’ormai sottilissima linea che separa il buon gusto da quello rancido. La scena è volontariamente più che equivoca, mostrando un uomo in giacca e cravatta al telefono che sbircia quanto una ragazza con smalto rosso sta facendo all’altezza della sua cintura. Il film, per non smentire la locandina (e viceversa), racconta l’infedeltà in sette episodi e altrettanti registi.
La questione non è mostrare un’immagine del genere – difatti vediamo in ogni dove contorcimenti imbarazzanti e provocazioni che hanno del pornografico. Il vero problema (se di problema è lecito parlare) è che i personaggi proposti divengono facile modello per entrambi i sessi. L’uomo “intraprendente”, anche quando è sposato, assurge a modello di “maschio”, forte, che ottiene ciò che vuole, che fa della sua vita un piacere, che è desiderato, cercato, che ha successo e attenzione. Lo stesso avviene per la donna, la cui immagine ormai comunemente proposta è a metà strada tra una modella e una femme fatale, degenerando – purtroppo non poche volte – nella “ragazza facile”.
Televisione, cinema, giornali, pubblicità, musica, videoclip, moda, letteratura. Tutti stanno facendo la propria parte nella proclamazione dell’indipendenza dei costumi. Il corpo si fa esibizione. La bellezza estetica diviene arma di seduzione, biglietto da visita per la conquista erotica.
Non bisogna demonizzare il sesso. Ma neanche santificare l’infedeltà.
M.P.