Sulle orme della santità

In Calabria, nella cittadina di Paola, per visitare l’antico monastero e conoscere il suo  fondatore, San Francesco di Paola, santo protettore della gente di mare. Accanto al vecchio santuario, un nuovo complesso nel quale trova posto un grandioso mosaico contemporaneo, in grado di rievocare il passato e parlare al presente.

Raffigurazione di S.Francesco di Paola - Jean Bourdichon

La struttura urbana è quella che si vede in molti altri borghi del Meridione d’Italia: grandi caseggiati, divisi in blocchi poligonali, gli uni addossati sugli altri, timidamente arroccati su una bassa collina, alle pendici di rilevi più elevati.
In cima alla porta che conduce nel borgo, sotto un baldacchino, è posta l’effige dell’amato patrono. Le cronache ci informano che durante il catastrofico sisma, che il 27 marzo 1638 rase al suolo moltissimi comuni della Calabria, la statua fu vista girarsi verso il paese, sembrando dichiarare la sua volontà di protezione. La cittadina non contò morti.

Tra le vicende che vive ogni complesso urbano, fatte di pace e battaglie, opulenza e povertà, onore e sdegno, qui a Paola c’è la storia di un bambino, poi divenuto ragazzo, uomo e infine santo. Francesco (a tutti noto come s. Francesco di Paola), visse una vita che le fonti ci raccontano quanto più possibile votata all’amore per il prossimo, culminata alla corte di un re, quello di Francia, sempre esortato a vivere un’esistenza più modesta, che potesse riflettersi nell’esercizio della propria funzione di sovrano.
Francesco di Paola visse dal 1416 al 1507, conducendo la propria esistenza principalmente tra la Calabria e la Francia.

Particolare del grande monastero, con l'arcata che sovrasta il torrente

 Egli è il classico santo che aderisce, nella nostra mente, ai canoni di santità: giovinezza eremitica, miracoli straordinari, aiuto ai poveri, vita condotta nella più grande sobrietà.

Francesco qui ci ha vissuto davvero, tra queste case fitte e ammassate, e queste strade strette, del tutto dissimili dagli ampi e ariosi assi che tagliano in minuscoli quadratini le piante delle città costruite in epoca moderna.
Il grande centro monastico di Paola, oltre ad essere stato il primo del suo ordine – quello dei Minimi –, custodisce gelosamente molti dei luoghi e degli oggetti della sua vita. Dicevamo di una giovinezza eremitica, condotta nella solitudine di un piccolo podere prima – troppo in vista per i suoi gusti – e di un angusto anfratto in seguito.
Il complesso si incontra a cinque minuti dall’abitato, quasi misteriosamente inglobato in una lussureggiante natura, spesso cornice soprannaturale dei luoghi di culto più nascosti. Nelle zone circostanti il santuario vecchio – cuore del

Il "Ponte del diavolo"

complesso con la sua cappella delle reliquie, che custodisce, tra le altre cose, anche un dente del santo, che lui stesso volle donare alla sorella Brigida come ricordo, al momento della partenza per la Francia – sono visibili dei grandi massi, protagonisti di uno dei miracoli più celebri di Francesco. L’evento, che è tramandato e riferito anche dai testimoni dei vari processi condotti per raccogliere il materiale per la sua causa di canonizzazione, si ripeté per tre volte, durante le quali, con il solo utilizzo di un comando verbale, riuscì ad impedire che i grandi macigni precipitassero causando danni alle cose e soprattutto alle persone.

La particolarità di questo luogo, ispirata probabilmente anche dal torrente che scivola nel suo letto ai piedi del santuario, è legata al fascino del sacello sotterraneo e ai luoghi angusti nel quale il santo pregava e faceva penitenza.
Molta curiosità desta il “Ponte del diavolo”, un piccolo ponte che fa da accesso ad una delle ali del complesso. La tradizione popolare vuole riconoscere in una sorta di affossamento della pietra a metà del ponte l’impronta della zampa del diavolo, lasciata durante uno dei vari tentativi di importunare Francesco, distogliendolo dalla sua preghiera.

A pochi passi dal santuario vecchio troviamo la nuova aula liturgica, iniziata nel 1997 e quasi completata. I grandi

La nuova aula liturgica con il grande mosaico di Giovanni Hajnal

 mosaici che sormontano l’altare maggiore sono opera di Giovanni Hajnal e, attraverso un’esplosione di colori e di forme, raffigurano la passione e la resurrezione di Cristo. L’impianto narrativo dell’opera, illuminato ad arte dalle poderose coperture dell’edificio, con il tiburio realizzato in vetrate, sempre opere di Hajnal, è sintetizzato in pochi personaggi, fortemente riconoscibili. È diviso in tre pannelli da leggere da sinistra verso destra: la Crocifissione, nella quale compare anche la figura di s. Francesco, la visita del sepolcro vuoto con le mirrofore – le donne che portavano i profumi per ungere e profumare la salma del Signore – e la Resurrezione di Cristo. Corpi costruiti geometricamente, nei quali quasi ogni flessione anatomica diviene uno spigolo, senza morbidezza, in pieno accordo con la statica rigidità architettonica dell’intera aula.

La presenza di questo grande edificio è espressione del gusto contemporaneo, immerso nel secolare profumo di storia che emanano le pietre del complesso monastico, il tutto suggellato dall’affascinante storia di Francesco e della sua vita fatta di viaggi e miracoli; tutto questo dimostra egregiamente come il duplice volto del tempo e la grande ricerca di sé messa in atto dall’uomo debbano essere messi in comunicazione attraverso una profonda e dinamica relazione.

Marco Papasidero

Marco Papasidero

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