Salvataggio Grecia: dopo il sì della politica, in dubbio quello dei cittadini

L’Unione Europea ha messo a disposizione ingenti risorse per salvare la Grecia ed evitare così lo sfaldamento dell’Eurozona. Ma le perplessità dei cittadini ellenici, a cui sono richiesti molti sacrifici a fronte di poche certezze, permangono e le elezioni di aprile potrebbero riservare sorprese. (Foto: Flickr cc Insociableblog)

Salvataggio Grecia

Durante le trattative per la concessione degli aiuti economici alla Grecia degli ultimi mesi, ci si è spesso chiesti se esistesse una reale convenienza per l’Unione Europea nel salvare il Paese ellenico dal fallimento. Se da un lato – quello istituzionale – il piano di aiuti da 130 miliardi di euro sembra scongiurare il default e porre la parola fine alle trattative, dall’altro – quello dei cittadini greci – restano dubbi ed interrogativi pesanti.
E con le elezioni alle porte, tali incertezze potrebbero tradursi in un cambio alla guida del Paese che rischierebbe di compromettere il lavoro svolto in questi mesi. L’attenzione della comunità internazionale è dunque puntata sulla scelta che i cittadini greci faranno alle urne, a cui molti richiedono una dimostrazione di responsabilità, un voto che premi le forze politiche favorevoli al programma di aiuti e scongiuri una nuova fase di instabilità dei mercati.
Per comprendere le perplessità dei cittadini greci, che istintivamente potrebbero sembrare immotivate, bisogna esaminare gli impegni che fanno da contraltare ai pur cospicui aiuti forniti dalla comunità internazionale. Gli aiuti economici, infatti, sono concessi a condizione che la Grecia porti avanti determinate misure di risanamento, alcune delle quali decisamente gravose. Il programma di salvataggio si fonda su tre pilastri: stabilità finanziaria, sostenibilità fiscale e crescita economica.
Il primo pilastro è stato oggetto di difficili trattative che hanno portato ad un taglio del 53,5% del valore dei crediti degli investitori esteri. Dopo l’accordo si è posto l’accento sui grandi sacrifici sostenuti dagli investitori internazionali ma va ricordato che il default avrebbe comportato una perdita della totalità dei capitali. Inoltre la ritrovata solidità finanziaria greca, che è naturalmente fondamentale per il Paese, garantisce anche una maggiore stabilità dei mercati di tutta l’Europa. Un indubbio vantaggio soprattutto per gli Stati, come l’Italia e la Spagna, considerati ancora a rischio.
Il secondo e terzo pilastro del programma sono quelli che richiederanno i maggiori sacrifici per i cittadini ellenici. La Grecia dovrà innanzitutto ridurre le dimensioni dell’apparato statale al fine di abbattere i costi e, di conseguenza, la pressione fiscale. Questo avverrà in parte con un programma di privatizzazioni, in parte attraverso il taglio di posti di lavoro pubblici, con un conseguente aumento della disoccupazione. E il tutto in tempi non proprio rapidi.
Per aumentare la competitività del sistema sarà inoltre necessario un incremento degli investimenti esteri e la crescita delle esportazioni. Il tutto dovrà avvenire attraverso “svalutazione interna”, ossia tramite l’abbattimento del costo del lavoro. Dato che la diminuzione della pressione fiscale potrà avvenire solo in tempi lunghi, questo si tradurrà in un’ulteriore riduzione dei salari. Non certo una prospettiva allettante per un Paese i cui consumi sono già in picchiata. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede infatti un’ulteriore caduta dei consumi per i prossimi due anni e una lenta ripresa a partire dal 2014. Sempre che gli interventi sortiscano gli effetti desiderati.
Dunque il piano di salvataggio conviene veramente al popolo greco? La risposta non è così ovvia. Due anni di sacrifici, per quanto gravosi, sono comunque preferibili ad un fallimento che sarebbe disastroso per la Grecia e per l’Europa. Ma se la realtà dovesse rivelarsi meno generosa delle previsioni – ipotesi tutt’altro che remota –, il Paese dovrebbe fronteggiare una lunga fase di recessione accompagnata da fortitensioni sociali.

Alessandro Turco

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