Salute o profitti? Questo è il dilemma?

In Australia si stanno varando provvedimenti drastici per limitare il consumo di tabacco, imputato di causare migliaia di morti l’anno. Cosa si fa nel resto del mondo? E come stanno reagendo le case produttrici?

I danni che il fumo provoca, ormai, son ben noti a tutti. Senza fare una triste rassegna delle malattie legate al tabagismo attivo e passivo o elencare il numero di vittime che ogni anno allunga la lista, si può dare uno sguardo ai provvedimenti presi dai singoli Paesi per affrontare e sensibilizzare la popolazione contro il vizio del fumo, soprattutto perché, considerando quanto detto, il mercato delle sigarette non sembra conoscere crisi, anzi guarda ai profitti che sembrano lievitare a vista d’occhio. Dagli ultimi dati statistici, infatti, sembra che il numero di fumatori sia notevolmente aumentato, soprattutto in Cina, dove si consumano ogni anno circa 1.880 miliardi di sigarette. Numeri da capogiro. Per questo motivo, da un paio di anni sono scesi in campo, contro le multinazionali della bionda, non solo associazioni ma anche interi governi, varando leggi e divieti che ne limitano fortemente l’uso.

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Capolista di questa battaglia contro i giganti della paglia è l’Australia, che ha recentemente varato un provvedimento che prevede l’omologazione di tutti i pacchetti di sigaretta – che saranno di un unico colore, si pensa verde oliva – corredati da avvertimenti e immagini forti, volti a dimostrare i danni provocati dal contenuto. Le figure sono varie: da un colore di denti simile al catrame a uomini ridotti pelle e ossa a causa del fumo. Lo stesso Paese, tempo fa, aveva approvato altre misure di tutela ai cittadini come, ad esempio, il divieto di fumare in auto se a bordo vi sono ragazzi sotto i 16 anni, o nei locali pubblici. Il recente provvedimento ha scatenato l’ira della Philip Morris, multinazionale della sigaretta, intesa ad andare per vie legali pur di vedere riconosciuto, sugli anonimi pacchetti, il marchio di fabbrica delle sue preziose e redditizie produzioni al tabacco. La casa si difende dicendo che il provvedimento australiano non limita il consumo ma favorisce l’introduzione sul mercato di marchi contraffatti, difficili da rintracciare, oltre al fatto che la stessa legge non proverebbe quanto questa sia producente sull’effettiva limitazione del consumo. Azioni contro le case del fumo sono state approvate anche in altri Paesi. In Italia, anche se in ritardo rispetto a simili realtà, già da qualche anno è vietato fumare nei locali pubblici e la normativa promossa dal Ministero della Salute del 2009 l’importanza dei Centri Antifumo legati al servizio sanitario nazionale, dove è possibile accedere a pratiche come l’agopuntura, in modo gratuito, e trovare un aiuto psicologico per superare i primi momenti di difficoltà legati alla dipendenza. Sicuramente l’utilizzo di immagini crude può scatenare reazioni spiacevoli e di sdegno negli acquirenti, ma se tale intervento potrà risultare positivo – e lo si vedrà solo nei prossimi anni –, un’azione simile potrebbe essere utilizzata per la lotta contro altre forme di dipendenza come, ad esempio, l’alcool.

Antonella Molinaro

Foto: http://www.flickr.com/photosrelaxdesign/643154312/

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