Rincorrendo stelle nel cielo notturno

Emil Petrov si definisce un sognatore. Perché ama sentire i movimenti del cuore e non teme di viverli in profondità, anche quando la conclusione non sarà quella sperata. Con la freschezza dei suoi venticinque anni, e una piacevole maturità d’animo, scioglie la sua timidezza, scoprendo i sentimenti che mi confida dedicandoli ai suoi lettori.   

Rincorrendo stelle nel cielo notturno – Emil Petrov

La raccolta “Rincorrendo stelle nel cielo notturno” contiene diciotto pensieri, cioè poesie senza una metrica precisa. Come le perle di una collana, sono legate insieme da un filo di altrettante parti di prosa, che sostengono il lettore attraverso il cammino nel sentimento narrato e lungo lo scorrere degli avvenimenti. Il viaggio è di Emil e della sua Musa, che accompagna e protegge. Lei, la ragazza col cerchietto rosso in testa che, scalza e sotto le stelle, impara a non aver paura di affrontare la vita.

Quali emozioni provavi prima di scrivere i pensieri e quali hai sentito al termine della raccolta?  Prima era improvvisazione, stimolo. Era come se un violino suonasse dentro di me. Di getto, una singola parola riusciva ad ispirare un intero brano. Non si può spiegare, come le emozioni suscitate dalla musica. Alla conclusione della raccolta invece ho sentito la felicità. È stato eccezionale vedere che l’immagine di copertina del libro sapeva racchiuderne il senso e riusciva a farmi sognare. Vedere che il libro era finalmente nato mi ha reso felice.
Qualcosa è rimasto fuori dalla raccolta? Sì, una poesia intitolata Diamante, che è una delle prime che ho composto ed ho scritto con la Musa. Non l’ho inserito per scelta, perché è un lavoro diverso, molto più poesia dei pensieri di questa raccolta. Oggi mi dispiace di non averla inserita, ma allora non sentivo dovesse farne parte.
Il tuo uso della punteggiatura è molto particolare, le pause nei versi arrivano fitte ed intense. Seguono il ritmo dei tuoi pensieri e delle tue riflessioni? È un paradosso: io scrivo ad un ritmo veloce, serrato, ma la punteggiatura arriva in automatico e spezza questo ritmo. Non sono rilassato nei miei pensieri. Probabilmente le pause denotano il mio modo di essere. Non voglio ridurre la mia punteggiatura, perché così la sento mia.
In “Danza” rivolgi un invito alla tua Musa. Sembra, tra le righe, che quest’invito sia rivolto anche a te. Danzare è il mio invito a non smettere mai di vivere, a lasciarsi andare. A non dimenticarsi di farlo. Sì, l’invito è rivolto anche me. Credo di averlo colto con questa raccolta.
In “Speranza” emerge un senso di disperazione. Perché il titolo che hai scelto ha un significato opposto al sentimento espresso nello stesso pensiero? Speranza era una parola suggerita dalla Musa. Allora quella parola suscitava in me un sentimento completamente opposto, negativo. Caratterialmente sono una persona malinconica. Penso che la tristezza sappia valorizzare la felicità ed aiuti ad amarla. Spesso passiamo attraverso sentimenti negativi, ma anche durante questi vissuti c’è sempre una speranza, che non può non esserci, perché essa deve esserci sempre, per tutto. Speranza è il pensiero che preferisco della raccolta.
A conclusione di Speranza, annunci colui che suonerà le note che tu hai scritto sul pentagramma, che sarà più bravo di te. Sapevo già che questo sarebbe successo, perché conosco bene la mia Musa. Credo che sia più probabile che abbiano futuro parole banali e discorsi che funzionano semplicemente perché sentiti molte volte, piuttosto che trovi ascolto un sentimento espresso in modo unico, dedicato ad una sola persona. Sono un pessimista, pur credendo nei sogni. Avevo già avvertito la sensazione che ciò sarebbe accaduto, perché mi fido molto delle mie emozioni, positive e negative, anche se ho sempre sperato in un fine lieto. Pur sentendo ciò che sarebbe stato, non sarebbe stato giusto non scrivere e vivere la raccolta. Non mi sono mai frenato, né limitato. Ho fatto ciò che mi rendeva felice, e in fondo ciò si è rivelato essere il meglio anche per me. Si sono avverate le mie sensazioni e ciò che cercavo di profetizzare nel libro.
Cosa volevi profetizzare Emil? La serenità. Di entrambi. Anche in due vite distinte. Sapevo che la mia serenità non poteva che passare per la serenità della mia Musa.

Emil ha vissuto e raccontato molto di un amore, in cui il sentimento è potuto sublimare. Con le sue parole ci invita ad amare passando attraverso i sentimenti pur fuggenti di un altro da noi, per poter rientrare nei propri e viverli nella pace del cuore.

SPERANZA

“Effimero, come il vento.
Una corrente che passa e porta via tutto quanto.
Rimane solo una cosa. Un secondo, eppure così forte.
Le note di un violino. Che armonizzano, in me.
Un arco, che tocca le corde e crea qualcosa di unico.
Sincronizzato ai battiti del mio cuore.
Una melodia che buca il cielo. Fugge, libera.
E mi rilassa. Mi calma.
Allontana ogni mia paura, ogni cattivo pensiero.
Nulla conta più. Spegne qualsiasi cosa, intorno, Sei così.
Capace di creare. Capace di distruggere.
Incapace, di non lasciare un segno.
Non sei in grado di non brillare.
Navighi, lungo oceani mai così distanti da me.
Eppure, ti vedo. Eppure, ti cerco.
Navighi dove le note non possono arrivare.
Dove non capirò mai con che mezzo arrivare.
Oltre l’orizzonte.
Continuerò a sognare. Continuerò a viaggiare lungo quei
binari che, fin qua, mi hanno condotto.
Continuerò a scrivere quelle parole che, da sempre, sono la
mia vita. Su un foglio.
E un giorno, catturerò l’istante e metterò su carta quelle
note. In un pentagramma, dove devono stare.
E qualcuno le suonerà al posto mio. Quel che non trovo.
Quel che non riesco ad esprimere né a vivere,
verrà messo in scena.
Da un musicista, certamente più bravo di me.
Da una figura, in grado di fermarsi quando è il momento.
Di raccogliere un solo, unico applauso.
Unico, come la vita.
Unico, come la speranza che vive, flebile,
tra le corde di quel violino”.  

Emil Petrov, “Rincorrendo stelle nel cielo notturno”, Editrice Kimerick, 2010.

Beatrice Sartini

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