Ri-scoprirsi donne con il burlesque
Forma di spettacolo nata nel XIX secolo, in USA e Gran Bretagna, per divertire le classi meno abbienti attraverso la parodia del mondo dell’aristocrazia e della borghesia. Il burlesque non è solo un numero di striptease, ma un’esibizione di canto, ballo, ironia e femminilità. Un’arte sempre più apprezzata dalle donne. (Foto: Flickr cc katariinajarvinen)
Il 30 e 31 marzo, a Milano, si è svolto il “Milan Burlesque Award”, festival internazionale che ospita le più famose artiste di burlesque del mondo. La manifestazione è giunta alla seconda edizione, incoraggiata dal grande successo di pubblico avuto nel 2011. Una forma d’intrattenimento che, negli ultimi anni, ha destato l’interesse di molti, soprattutto donne. «Come dice Dirty Martini (famosa performer americana) il burlesque è uno spettacolo fatto da donne per le altre donne» spiega Mitzi von Wolfgang, fondatrice e direttrice della “Burlesque School Milano”, prima scuola italiana di burlesque, nata nel 2008. «Un’esibizione di burlesque non ha come obiettivo la conquista del maschio, ma il raggiungimento della consapevolezza che il proprio corpo è uno strumento di comunicazione che può dare gioia a chi lo guarda. Una specie di condivisione di “buona energia”, di divertimento, di ironia e, ovviamente, di sensualità».
Mitzi ha preparato e portato al successo diverse performer burlesque e ha avuto modo di farsi un’opinione su quella che è l’immagine della donna nel mondo dello spettacolo: «in Italia esistevano “la rivista” e “l’avanspettacolo”, dove la donna era una “showgirl” che si poneva con eleganza e grazia. Oggi questa figura è stata sostituita da un’immagine che ha più a che fare con la “mercificazione”. Quelle che, al giorno d’oggi, vengono chiamate “showgirl” non sanno cantare, né ballare, né muoversi in modo elegante e glamour. Nel mondo della televisione e dei mass media vengono glorificate delle “caricature di showgirl”. A me piacerebbe che il corpo femminile fosse esaltato per la sua bellezza, per la grazia e per il potere seduttivo; nello spettacolo, invece, siamo ancora legati all’immagine della “modella perfetta” o della “donna siliconata”». Questo panorama sembra però destinato a cambiare anche grazie al burlesque: «tra la gente comincia ad affermarsi un nuovo modello: quello di una donna più “vera”, con qualche difetto, con un corpo rotondo. C’è voglia di essere un po’ più autentici e non imitare un modello improbabile».
Forse è proprio per questo che sempre più esponenti del sesso femminile, dalle più alle meno giovani, sono attratte dal burlesque ed affollano i corsi di Mitzi. «Non tutte le partecipanti vogliono diventare performer, la maggior parte di loro si accontenta di partecipare a un paio di spettacoli della scuola. Le ragazze sono felici di poter mostrare alle persone care quello che hanno imparato a fare e come sono belle e seducenti. Vedono come un valore aggiunto la ritrovata femminilità e il raggiungimento di una sensualità che non teme di essere mostrata. Noi donne abbiamo la possibilità di appropriarci del nostro corpo con il movimento, le espressioni e i gesti. Possiamo farlo vedere nella miglior luce possibile e così “fare colpo”». Gli effetti della scuola di burlesque sembrano non tardare: «dopo il corso le ragazze imparano a truccarsi e vestirsi in modo più femminile, a dare più peso alle movenze, al modo di sedersi e di gesticolare. Sorridono con la testa inclinata e imparano l’importanza dello sguardo».
Questa opinione viene condivisa, nei camerini, da alcune partecipanti al corso. Valentina fa l’infermiera, Vanessa studia, Alessandra è un’imprenditrice, Daniela impiegata commerciale e Letizia lavora come formulatrice cosmetica. Tipologie diverse di donna che, tra boa di struzzo e lustrini, tra reggicalze e stringivita, tra ventagli di piume e trucco da pin-up, hanno “scoperto” il proprio unico, personale e autentico modo di esprimere la femminilità.
Stefania Zabrak