.|L’aula|.
L’aula di Storia è un micro mondo di emozioni ed esperienze.
Lo sapeva bene Santina, ricercatrice universitaria confermata, al suo terzo anno di assegnazione a contratto di una cattedra.
I suoi lunghi capelli fluenti, sempre raccolti con un piccolo fermaglio, e il tailleur aderente le davano l’aria della persona seria. Gli occhiali li evitava. Li aveva sempre odiati. «Mi fanno apparire una secchiona» ripeteva sempre a chi le sconsigliava di infiammarsi gli occhi con le lenti a contatto. Ma lei era imperterrita.
Quell’anno, dopo numerose domande rivolte a vari atenei del Centro Italia, aveva vinto la selezione per una cattedra a contratto di Storia moderna, gratuita, e una, sempre a contratto, di Storia delle istituzioni politiche, con un magro compenso – ma pur sempre un compenso – di cinquecento euro lordi.
Santina sapeva bene, quando lesse le due lettere che le comunicavano le due assegnazioni e che trovò al mattino nella cassetta della posta, quale sarebbe stata la sua scelta. Ma faceva comunque penare tutti, fingendosi titubante.
«Mamma, lo so che almeno con Storia delle istituzioni ho cinquecento euro, ma l’altra è più interessante… che differenza potranno fare poi cinquecento euro!?»
«Eh!» replicò la madre, adagiata con Batuffolo, un persiano, sul suo divanetto rosso, quello del salottino, con lo sguardo perso nel vuoto. «Eh!» continuava, sembrando non riuscire a dire altro che vocali.
«Mamma non cominciare, ti prego!» implorava Santina agitando entrambe le braccia, come a dover acchiappare uno stormo di mosche nell’aria. «Non so. Non so. Devo pensare… sì pensare. Poi ti dico. Ogni volta deve sorgere una questione nazionale per una scelta che dovrebbe essere solo mia!».
«Fiat!» si arrese la mamma adagiando con delicata cura Batuffolo sul pavimento, che sorrise sotto i baffi.
Santina lo stava osservando con attenzione.
«Questo gatto sembra vivo…»
«Ma che dici, Santina? È vivo!» scattò subito la madre, quasi esasperata.
«Lo so che è vivo… intendevo dire che sembra una persona… fa certe espressioni…»
Ma Santina, nella sua camera, forse troppo stretta per una trentacinquenne in cerca di una cattedra da associato all’università, sfogliava la sua tesi di laurea, ricordando quanta strada aveva fatto in quegli anni: il dottorato negli Stati Uniti, l’assegno di ricerca a Milano, il concorso per ricercatore a Roma. Poi la trafila di concorsi per cattedre a contratto, perché ad altro, per il momento, non si poteva aspirare.
Un grosso pupazzo di Winnie The Pooh la distrasse, ricordandogli il suo ventunesimo compleanno. Era stato suo fratello Giorgio, già sposato e con un lavoro fisso, a regalarle quell’orsacchiotto quasi quattordici anni prima. Forse per lui era rimasta sempre una sorellina da coccolare.
La decisione era comunque presa, anche se Santina tentava di ingannare se stessa o confondere le acque per non far sembrare che non le stessero a cuore i soldi, apparendo quindi come una specie di idealista in vacanza all’università.
«Lo dice anche la Pausini che bisogna ascoltare il proprio cuore… Non posso sbagliarmi di certo!»
Erano passate tre settimane. Nel frattempo aveva firmato il contratto, confermando quindi l’incarico d’insegnamento, aveva preparato il programma e scelto i libri d’esame, inviando il tutto alla segreteria di presidenza. Aveva preparato alcune slide per le lezioni e aveva fatto inserire sul sito web della facoltà, corso di laurea in Storia, l’avviso che la frequenza era più che vivamente consigliata.
Il giorno arrivò. Per la terza volta davanti a lei.
“Ci siamo di nuovo.”
La porta dell’aula era socchiusa e dentro sembrava non esserci ancora nessuno.
«Con un anticipo di trenta minuti cosa potevo aspettarmi!» disse a bassa voce, facendo per entrare.
In un istante, senza neanche avere il tempo di aprire, una voce amica:
«Scusa, è questa l’aula di Storia Moderna con la professoressa Giunta?»
Santina esitò. Si voltò di scatto.
«Sì è questa!» disse alla giovane ragazza in jeans e felpa magenta. «È proprio questa» aggiunse confermando e facendo trasparire un gran buon sorriso.
«Scusi… di spalle l’avevo scambiata… per… no… scusi!» si giustificò agitata la giovane studentessa, accortasi dell’errore.
«Non si preoccupi. È tutto a posto.»
Un’altra piccola sorpresa che Santina avrebbe portato con sé, durante un corso di Storia Moderna che aveva tutta l’aria di essere entusiasmante.