
Quando il prezzo è equo e solidale
Il commercio fair trade, anche dopo le feste di Natale, consentirà ai nostri acquisti consapevoli di rafforzare il sostegno economico e sociale ai Paesi in via di sviluppo. L’importanza di una corretta informazione sul significato di tale scelta nella nostra ed altrui quotidianità.
Rifornendo di prodotti gli scaffali di legno, Laura mi racconta l’attività della Bottega del Mondo dove collabora insieme a numerosi volontari. Con una buona dose di entusiasmo – indispensabile per vincere il freddo che entra nel tendone, allestito in piazza nel periodo natalizio per aumentare la visibilità del commercio equo ai cittadini – le sue parole mi rivelano la speranza che, attraverso un primo contatto in occasione degli acquisti delle feste, la scelta dei prodotti del commercio equo e solidale possa divenire abituale per un numero sempre maggiore di persone.
Il grande cambiamento è nell’idea di mercato che questa forma di commercio sostiene: contrariamente alla maggioranza delle attività commerciali, l’obiettivo principale non è la massimizzazione del profitto, ma la lotta alle cause politiche, sociali ed economiche che mantengono in vita povertà e sfruttamento. Il mercato equo sostiene lo sviluppo delle capacità produttive e imprenditoriali dei soggetti – e non mira, com’è diffusa opinione, ad attività assistenziali, umanitarie o di semplice sostegno dei redditi – favorendone la crescita economica e promuovendo giustizia e sviluppo sostenibile attraverso informazione, cultura ed azioni politiche.
Il report dell’indagine 2006 “Il commercio equo e solidale. Analisi e valutazione di un nuovo modello di sviluppo” del Centro di ricerche sulla cooperazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, individua la nascita del commercio equo e solidale attorno agli anni sessanta e la sua imposizione all’attenzione nazionale ed internazionale dalla fine degli anni novanta.
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Le organizzazioni del commercio equo e solidale offrono ai produttori dei Paesi in via di sviluppo uno sbocco di mercato alternativo rispetto a quello presentato dagli acquirenti dominanti: quali intermediari non speculativi, esse riducono lo spessore delle barriere d’ingresso nei mercati dell’Occidente, assicurando un prezzo minimo garantito che permetta una vita dignitosa ai produttori. Una vera partnership economica, fondata su trasparenza, dialogo e rispetto, organizzata nelle FTOs (Fair Traid Organizations) che aderiscono al WFTO (World Fair Trade Organization), la federazione mondiale di tale commercio, che stabilisce sia i dieci criteri standard che un codice di comportamento condiviso, a garanzia di trasparenza sul loro operato e per i consumatori.
Il dolce natalizio che sto acquistando è confezionato in un sacchetto di cotone grezzo proveniente dal Paraguay e più della metà degli ingredienti in etichetta proviene da Mauritius, Ecuador e Tanzania, con attenzione sia alla qualità nutrizionale del prodotto che al rispetto dell’ambiente, riportando le indicazioni per un corretto smaltimento degli involucri. Accanto ai prodotti alimentari, tante proposte di oggetti d’arredamento, abbigliamento ed accessori, cosmetica, detergenti, editoria e materiali di informazione alternativa sembrano offrire davvero l’occasione per proseguire nella strada della scelta quotidiana di beni di consumo responsabile.
Beatrice Sartini