
Partire o restare? Il quesito più difficile per i giovani italiani di oggi
Italy love it or leave it è la storia di due ragazzi italiani che devono decidere se restare in Italia o lasciarla per sempre. L’intervista a due giovani siciliani, Fabrizio Garufi e Marco Pavone, è una testimonianza diretta di come si possano scegliere entrambe le vie, con ottimi risultati. (Foto: Flickr cc larskflem)
Partire o restare? Questo il dilemma che si pongono moltissimi giovani italiani di oggi. Si tratta in entrambi i casi di una scelta coraggiosa e difficile da prendere, che comporta sacrifici e sofferenza. Il delizioso docufilm di Luca Ragazzi e Gustav Hofer, Italy love it or leave it, indaga questo problema attualissimo e pieno di sfaccettature. Due ragazzi che vivono a Roma, dopo essere stati sfrattati, decidono di fare un giro per l’Italia per capire se vale la pena restare o se è meglio partire e costruirsi un futuro altrove.
Fabrizio Garufi e Marco Pavone sono un po’ come Luca e Gustav. Entrambi siciliani, dopo la laurea si sono trovati a dover scegliere se restare in Italia o andare via.
Fabrizio è uno che ha scelto di restare e di lottare per il suo territorio, ottenendo risultati e soddisfazioni. Con una laurea in ingegneria elettronica ha fondato, con altri due colleghi, TechLab Works, «un centro di sviluppo soluzioni hardware e software» che ha sede nella provincia di Catania e propone ai suoi utenti strumenti tecnologici all’avanguardia per gestire il proprio lavoro. Se gli chiedi cosa lo ha spinto a rimanere in Italia risponde: «in realtà non c’è nulla che mi spinga ad andare all’estero se non da turista. Credo che andare fuori, o cercar lavoro altrove debba essere una scelta e non una necessità. Magari c’è chi nasce con il sogno di lavorare al CERN o al MIT e allora lotta per quel sogno. Dalle nostre parti il sogno è diventato necessità, e la via più facile paradossalmente diventa quella di prendere le valigie. Nessuno rischia il fallimento e nessuno si sporca le mani. E intanto i nostri servizi, le nostre infrastrutture, le nostre aziende rendono sempre meno e costano sempre di più. Il nostro territorio può ancora produrre eccellenza e dire agli altri “Imparate da noi!”».
Marco Pavone ha cominciato anche lui con una laurea in ingegneria informatica e dopo un dottorato e un post dottorato al MIT, a soli trent’anni, è Assistant Professor di ingegneria aerospaziale presso la Stanford University. Marco ha scelto l’America perché il suo sogno era lavorare per la NASA, obiettivo che è riuscito pienamente a realizzare.
Dell’America dice: «negli USA, se uno ha voglia di fare, i risultati arrivano molto velocemente e senza dover essere sotto l’ala protettrice di nessuno, a qualsiasi età, sia a 18 come a 70 anni. La mia filosofia è la seguente: da 0 a 20 anni l’Europa è il posto migliore, da 20 ai 50 anni gli USA sono il posto migliore, dai 50 anni in poi l’Europa è di nuovo il posto migliore. In altre parole, secondo me, gli USA sono un Paese per giovani, mentre l’Europa è un ottimo Paese per i bambini e per gli anziani».
Sia Fabrizio che Marco concordano nel definire lo stile di vita italiano uno dei migliori al mondo. Ma entrambi sottolineano le difficoltà che si incontrano nel nostro Paese quando si tratta di fondare una nuova impresa o di fare carriera nel mondo universitario.
A riguardo Fabrizio afferma: «il sistema Italia, in quanto sistema a favore della sostenibilità, del lavoro e dello sviluppo, presenta delle falle enormi. Dal sistema di erogazione dei fondi alla loro gestione, dalla politica di investimenti alla realizzazione delle opere, spesso tutto è in mano al potere politico che non pesca nella meritocrazia ed intorbidisce il Paese».
Se, invece, chiedi a Marco quali sono le differenze tra l’università italiana e quella americana, risponde: «L’università italiana ha un livello abbastanza uniforme, mentre quella americana ha Stanford e MIT, così come delle università pessime. Confrontando le top universities americane con l’università italiana, secondo me i principali vantaggi sono: assenza di nepotismo; possibilità di internships nelle principali aziende a partire dal primo anno; maggiore stimolo all’imprenditorialità; molto più rispetto per gli studenti; professori sempre preparati, ben organizzati e disponibili».
Dunque, partire o restare? Anche riproponendo il quesito dopo le riflessioni appena fatte, appare chiaro che non esiste una risposta giusta o sbagliata.
La decisione finale dei protagonisti di Italy love it or leave it, ad esempio, è determinata dall’incontro con persone fortemente combattive, oneste, che con il loro esempio di vita sono testimonianza di un’Italia diversa, che crede nel cambiamento e nel riscatto. Le esperienze e il percorso del singolo spingono a soluzioni differenti ed estremamente soggettive. Fabrizio e Marco sono esempio di come, impegnandosi e credendoci, è possibile riuscire e realizzare i propri sogni, in Italia come all’estero.
Concludiamo, quindi, con il loro consiglio per i giovani che si trovano di fronte al bivio: partire o restare?
F.: «Fate quello che vi piace e fatelo ovunque, non importa il luogo. Importate voi e la vostra squadra!».
M.: «Provate prima a vedere se in Italia c’è spazio per realizzare le vostre aspirazioni lavorative e poi, in caso negativo, non esitate a partire: si fa sempre in tempo a tornare indietro!».
Silvana Calcagno