Nella terra dei boschi
Le suggestive cattedrali in legno
La Norvegia è un Paese sconfinato, abitato da un popolo che vive in straordinaria simbiosi con l’ambiente che lo circonda. Questo rispetto e rapporto complice lo si percepisce da infinite sfaccettature, gesti ed atteggiamenti radicati nel lontano passato di un popolo delicato e gentile.
Muovendomi da una città all’altra, da un paesino ad un villaggio nel sud del Paese, cioè da Bergen verso Oslo, si incontrano, lungo le piccole stradine di provincia, meravigliosi capolavori lignei: le Stavkirche. Di queste interessanti chiese medievali, che eleggono il legno come loro materiale esclusivo, ne esistono molte e tutte perfettamente conservate nonostante i secoli e la delicatezza del materiale. Ciò le rende estremamente particolari: la grande fragilità unita ad una inusitata eleganza e forza. I colori caldi, il materiale “ovviamente” naturale le fa splendidamente inserire nel contesto: se ne sente il “profumo” già da lontano.
I tetti aguzzi di queste chiese spiccano tra le foreste di conifere attirando il pellegrino curioso e dando vita a piacevoli deviazioni dal percorso. Le loro guglie si spingono verso il cielo per accentuare il dialogo con Dio, che rappresentano, per fortificare il rapporto uomo-natura. La forma è un po’ bizzarra e direi poco nordica: un succedersi di tetti composti da piccole e piatte scaglie di legno riveste tutti i lati dell’edificio (sembrano pagode) a pianta rettangolare; già esternamente si riconosce l’abside semicircolare e spicca il piccolo ed aguzzo campanile. Gli ingressi sono tre: uno principale sulla facciate e due laterali posti sui fianchi. La loro “pelle esterna” è formata da una cangiante corteggia di essenze variegate che nel tempo si sono ossidate ognuna in modo diverso assumendo i colori più svariati.
Pellegrinando nella parte sud della Norvegia si incontrano molti di questi capolavori che lasciano letteralmente a bocca aperta, ed ognuno va ricordato per il suo aspetto particolare. Si dice che la Stavkirche di Borgund sia una delle più antiche e meglio ristrutturate: dal 1115 sfida le intemperie ed i secoli. Quella di Heddal è famosa per essere la più grande; quella di Eidsborg è più intimistica.
È curioso il fatto che entrando in tutte queste chiese viene chiesto di pagare un biglietto interamente utilizzato per il pagamento dell’assicurazione antincendio.
Pago anch’io, spingo il piccolo portone che si apre agilmente e il mio piede, calcando le assi di legno, le fa scricchiolare: il suono accompagna il mio movimento tanto da sembrare una delicata alchimia propria del luogo sacro. Le colonne che compongono la struttura interna di sostegno sono ovviamente di legno, ma volutamente non rifinite perfettamente: lasciano ancora emergere la loro essenza di albero. È come se la Stavkirche fosse stata scolpita da un unico tronco, che in esso però racchiude la magia, gli odori e le ombre di una foresta intera. Il legno è un materiale primordiale che in sé racchiude meravigliose qualità; essendo estremamente duttile può essere indifferentemente utilizzato a trazione, compressione e flessione; ma resta comunque sempre vivo, si muove, interagisce con la struttura in cui è inserito.
Mi guardo intorno, avvolta ancora dal profumo della resina e penso che in Norvegia, il Paese del legno e delle foreste sconfinate, il luogo più sacro non può che essere costruito in legno, l’essenza primaria di quella nobile materia, simbolo di vita, energia, evoluzione e trasformazione.
Così come gli alberi sono radicati profondamente nel terreno, le Stavkirche scandinave hanno resistito secoli, profondamente legate al loro luogo, stando nell’essenza prima dello spazio.
Elena Sandre