La medina di Tunisi e le rovine di Cartagine
Minareti, moschee e testimonianze del passato
Tunisi, antica e moderna capitale della Tunisia, conserva ancora al proprio interno molte vestigia architettoniche islamiche di assoluto rilievo e la medina che, grazie ai fondi stanziati dall’UNESCO a partire dal 1981, è una delle meglio conservate della zona mediterranea, anche se è sufficiente fare qualche passo al suo interno per percepire dissonanza e stridore rispetto alle plausibili aspettative createsi in chi vi si reca per respirare una certa atmosfera di matrice araba.
Si avverte infatti fin da subito un certo scollamento fra l’antico tessuto urbano del centro, impreziosito dalla mole della splendida Zitouna (Grande) Moschea e dall’eleganza dei palazzi ottomani, e lo stile di vita dei tunisini. Uno scollamento socioculturale che è destinato, col passare del tempo, ad inaridire la voglia del visitatore di provare sensazioni diverse rispetto a quelle già note, appartenenti al mondo e alla cultura occidentali.
Se la medina di per sé può non essere motivo necessario e sufficiente per programmare una visita della capitale tunisina, di certo lo è il Museo del Bardo. Si tratta del principale museo di arte musiva del Paese, se non dell’intero bacino mediterraneo. Ospita infatti una stupenda collezione di mosaici provenienti dai diversi siti archeologici della Tunisia, realizzati fra il II ed il IV secolo prevalentemente come decoro delle sontuose ville dei ricchi cittadini romani dell’Africa. Tra l’altro, il Palazzo del Bardo, residenza ufficiale dei bey husseiniti e costruito a partire dal XIII secolo, meriterebbe di essere visitato anche se fosse privo delle sue collezioni.
Fra le centinaia di reperti presenti al suo interno, sono da segnalare le maschere puniche (realizzate in terracotta e rappresentanti volti contratti in smorfie e risa), un altare completamente decorato lungo i lati dedicato alla gens Augusta e, fra i tanti mosaici esposti, quelli con le raffigurazioni della fuga di Perseo ed Arianna, del trionfo di Nettuno, del trionfo di Bacco, delle gesta di Ulisse, di Orfeo che incanta le bestie feroci e di Virgilio fra le muse.
Il Suq, vale a dire la zona del mercato, è notevolmente suggestiva per la sua ambientazione, ma banale è la mercanzia e l’atteggiamento dei mercanti. Il tutto infatti è esposto quasi a completo uso e consumo della peggior specie di turisti, quelli della vacanza “mordi e fuggi”, liberati per l’occasione per poche ore dalle navi o dai pulmini in transito e puntualmente colti dalla irrefrenabile smania di portare con sé a bordo del mezzo di turno un ricordo, non importa quanto kitsch, della passeggiata nella capitale tunisina.
In una affascinante cornice di antichi mercati coperti, dove la luce del sole a stento riesce a filtrare fra stuoie tese e angusti vicoli, si susseguono negozi di souvenir dove gli oggetti artigianali di qualità, sono messi in ombra da T-shirt e cammelli di pezza. Nemmeno i celeberrimi fez vengono più prodotti nelle botteghe della medina, ma bensì lavorati industrialmente alle porte della città. Ed il mercato alimentare, con tutto il suo corredo di spezie profumate, è sempre più contratto nella sua estensione, posto in competizione con anonimi discount sorti come funghi fuori dalle mura, nella così detta Ville Nouvelle.
Il mercante, dal canto suo, abbandonata del tutto l’antica arte della contrattazione, limitandosi di solito ad osservare distratto il viavai delle persone, impegnandosi solo nel condividere una tazza di tè con il vicino od il dirimpettaio.
Si ha insomma la sensazione di ritrovarsi di fronte ad una sfarzosa ed antica scatola, il cui contenuto però non è all’altezza delle emozioni promesse e sperate.
Non tutto però è da scartare. Anche in questo ibrido guazzabuglio, sospeso fra antiche atmosfere e globalizzazioni sociali, si possono trovare degli angoli fuori dal tempo e fuori da ogni logica omologante. Non perdete, ad esempio, l’opportunità di andare a sorseggiare del buon tè coi pinoli al Café M’Rabet, nel cuore della medina. É un vecchio Caffè ottomano che ha conservato il suo aspetto originale. Poiché non è facile da trovare (è vicino alla Grande Moschea, ma l’unico elemento che ne indica l’entrata è un’antica e minuscola lampada di ferro), sfugge all’occhio poco zelante del turista. Godere del tempo che passa, scambiando magari quattro chiacchiere con i tunisini veraci che abitualmente animano il locale e stringendo fra le mani un caldo bicchiere di tè, provoca alienanti sensazioni di piacere. É uno di quegli angoli senza tempo di pura atmosfera ottomana in cui ci si può appropriare (finalmente!) di quelle emozioni “diverse” che spingono il visitatore a recarsi in Tunisia.
Emozioni che possono essere colte anche nella pittoresca cornice della moschea di Youssef Dey, dall’inconfondibile minareto ottagonale sormontato da una minuscola piramide rivestita di piastrelle verdi. É una delle poche moschee della medina che ancora chiude i battenti nelle ore della preghiera, concedendo, come giusto, l’entrata solo a chi vuol esercitare il proprio dovere di fede.
Alle porte di Tunisi, vi è il sito archeologico di Cartagine. Questo nome rievoca antiche battaglie e protagonisti; la rivalità fra la città punica e Roma rappresenta uno dei capitoli più entusiasmanti della storia romana, tanto da sconfinare nella leggenda. Oggi di Cartagine non rimane più nulla; la terza guerra punica (146 a.C.) le costò la quasi completa distruzione e poco rimane anche della ricostruzione voluta dagli stessi romani in età cristiana. In uno scenario affascinante per la strategica posizione della città sul mare, si possono visitare e riconoscere le fondamenta delle terme di Antonino, l’anfiteatro ed il teatro romano; salendo sulla collina di Byrsa, subito a ridosso dell’area archeologica, è possibile osservare il sito dall’alto e rilevare così due insenature non naturali poco lontano dalle terme. Queste due insenature sono ciò che resta degli antichi porti di Cartagine, uno commerciale, l’altro militare, simboli della enorme forza navale punica, la quale, fino all’avvento della flotta romana, non dovette temere degni rivali in tutto il Mediterraneo.
Graziano Martini