Marèttimo: dove le Dolomiti si specchiano nel Mediterraneo
Alla scoperta della più remota delle isole dell’arcipelago siciliano delle Egadi, una terra di confine dove lo spettacolo delle grotte marine che si aprono nelle imponenti pareti dolomitiche e la natura lussureggiante lasciano senza fiato. Un viaggio sospeso tra cielo e mare. (Foto: © Carmela Bafumi)
Il centro abitato di Marèttimo e lo scalo vecchio visti dal sentiero che conduce a Punta Troia.
Con pochi amici decidiamo di trascorrere un breve week-end a Marèttimo, l’isola “sacra” (Hierà) dei Greci e dei Romani, che ne fecero un approdo sicuro per i naviganti e un avamposto per il controllo del Mediterraneo. Il viaggio è carico di attese: allontanandoci circa 22 miglia a ovest dalla costa trapanese sulle ali di un catamarano dell’Ustica Lines e superate anche Favignana e Levanzo, le altre due isole maggiori dell’arcipelago delle Egadi, avvertiamo di lasciarci alle spalle le “colonne d’Ercole” della civiltà. Siamo un po’ impauriti, ma attratti, come Ulisse, da un’irresistibile sete di conoscenza e dal desiderio di perderci nella contemplazione di una natura incontaminata. Ad attenderci all’approdo dello scalo nuovo di Marettimo il sig. Aliotti, discendente di una delle più antiche famiglie di pescatori dell’isola, che incarna bene la forte identità collettiva di questa gente, isolata sì, ma anche molto aperta e accogliente.
Vicolo del centro abitato
L’isola conta oggi appena 250 residenti stabili, che diventano al massimo 1500 nel periodo estivo. Il sig. Aliotti ci accompagna ai nostri alloggi ricavati all’interno della sua stessa abitazione che, come la maggior parte degli edifici del paese, si presenta bianca e squadrata, inserita in un fitto dedalo di incantevoli vicoli, con un’ampia terrazza al posto del tetto da cui si gode una splendida vista mare. Andiamo subito alla scoperta del centro abitato che si sviluppa per non più di 300 m in lunghezza tutto intorno alla piccola Chiesa Madre. All’estremità ovest del paese, lo sguardo si apre sul suggestivo scalo vecchio, dove sono ormeggiate piccole barche da pesca e da diporto. Attratti dai profumi provenienti dalla cucina di una trattoria nei pressi dello scalo, decidiamo di trascorrere il resto della serata gustando le specialità di pesce dell’isola.
La grotta del Cammello
L’indomani di buon mattino prendiamo accordi con un pescatore per effettuare il periplo dell’isola in barca. Il cielo è sereno e il mare calmo, eppure la nostra guida con consumata esperienza marinara ci preannuncia perturbazioni in arrivo di lì a qualche ora e ci invita a imbarcarci subito per godere delle condizioni meteo ancora favorevoli. Lasciato lo scalo nuovo, la nostra barca comincia a navigare lungo la costa in direzione nord e la morfologia dell’isola comincia a delinearsi più chiaramente davanti ai nostri occhi: uno zoccolo di dolomie bianche e grigie formatosi nel Triassico (circa 200 milioni di anni fa), sormontato da rilievi di roccia calcarea (con altezza massima a Pizzo Falcone, 686 m) che conferiscono a Marèttimo un aspetto prevalentemente montuoso. Le dolomie formano caratteristici strapiombi sul mare nella parte occidentale dell’isola, i locali “barranchi”, soprannominati le “Dolomiti sul mare” per via del loro colore rossastro al tramonto.
La grotta del Tuono
Il nostro stupore dinanzi alla maestosità dei “barranchi” si trasforma presto in meraviglia quando arriviamo in prossimità della grotta del Cammello, così chiamata per la presenza, su una delle sue pareti interne, di uno scoglio con la forma di un cammello accovacciato: la nostra barca s’insinua lentamente nel grande antro, che presenta tre piccole spiagge all’interno. È quasi mezzogiorno e il sole, penetrando dall’apertura della volta, illumina un mare cristallino, le cui variopinte incrostazioni danno all’acqua dei riflessi colorati che vanno dal verde all’azzurro, dal celeste al blu cobalto. Il tour di emozioni continua con la visita delle altre grotte marine emerse di Marèttimo: la grotta del Tuono, della Pipa, Perciata, della Ficarella, del Presepe, della Bombarda e altre ancora, su ognuna delle quali la fantasia popolare ha costruito leggende affascinanti. Doppiato il Faro di Punta Libeccio (estremo confine occidentale del territorio italiano), torniamo rapidamente in vista del centro abitato, appena prima dell’arrivo di un temporale.
Il castello di Punta Troia
La schiarita del pomeriggio consente di incamminarci a piedi lungo un sentiero sterrato, scavato a mezza costa, in direzione di Punta Troia, all’estremità nord-orientale dell’isola, sulla quale si erge l’omonimo castello, costruito dagli spagnoli nel XVIII secolo contro gli assalti dei pirati. Il sentiero ci riserva delle indimenticabili sensazioni: il profumo inebriante di timo e rosmarino che crescono copiosi sull’isola, il volo di un’aquila che ha sulle cime di Marèttimo il suo habitat ideale, l’acqua freschissima della sorgente di contrada Bucceria e in ultimo il colore del tramonto sul promontorio di Punta Troia che tingendosi di rosso, giallo e rosa offre uno spettacolo mozzafiato. L’esperienza fa da degno coronamento al nostro breve ma intenso viaggio in quest’angolo intatto di Mediterraneo, lontano dagli itinerari battuti dal turismo di massa.
Carmela Bafumi