Londra chiama

Otto voci di scrittori rispondono descrivendo una Londra fagocitante. Città multietnica, mutevole, suburbana e metropolitana, segnata da conflitti razziali e inquietudini antiterroristiche.

«Non c’è nave che col tempo non finisca per gettare l’ancora nel porto di Londra», Valentina Agostinis introduce il suo itinerario narrativo attraverso strade e dintorni della City con eloquenti parole di Virginia Woolf.
Ecco allora la «literary London» in una mappa autentica, che va oltre l’ambiente letterario mondano. Ecco la Londra narrata da James Ballard, Gautam Malkani, Will Self, Hari Kunzru, Monica Ali, Ian Sinclair, Hanif Kureishi e l’immancabile Nick Hornby. Otto voci che, attraverso altrettante interviste, regalano al lettore curioso diverse immagini della stessa città, fermo restando un comun denominatore: «C’è chi ha avuto una donna, come musa. Io ho avuto Londra», citando Self. Nel bene e nel male, la capitale è stata l’humus letterario per molti scrittori che di lei hanno parlato seguendone le sue danze di cambiamenti: Londra, città multiculturale e in costante fermento (come gli autori del moderno romanzo londinese che narra di convivenza tra etnie diverse), urbanità, gioventù metropolitana, attacchi terroristici. Un romanzo che intinge il pennino nelle viscere di una città che fagocita tutto, a volte cullando e altre soffocando.
Nella mappa letteraria della Agostinis, è tracciato un itinerario di otto gironi. Itinerario interessante ma purtroppo poco esplorato: l’idea del saggio sembra rimanere sospesa, senza sfruttare a pieno le potenzialità di approfondimento letterario.
Primo giorno: James Ballard con la sua scrittura  surrealista e postmoderna descrive una Londra dominata da asfalto e acciaio… dalle automobile; fatta dalle «new towns», luoghi totalmente dipendenti, e metaforicamente plasmati, dal sistema autostradale che circonda la città, privi di coscienza politica e sociale.
Secondo giorno: visita nella prosa di Gautam Malsani. I suoi personaggi sono il tipico prodotto della modernità globalizzata: i «londostani», cittadini della Londra indiana. Giovani che vivono una vita a metà tra oriente e occidente, e come colonna sonora il traffico automobilistico nonché aereo.
Terzo giorno: capatina nelle pagine di Will Self e della sua Londra postmoderna e apocalittica dove l’immagine chiave è quella del ferro. Quella narrata da Self è la Londra paranoica e violenta, quella della lotta tra minoranze: «in una società razzista […] le minoranze tendono a competere tra loro piuttosto che far fronte comune […] ».
Quarto giorno: Hari Kunzru e la sua polemica contro le ingiustizie della politica e del potere, i suoi romanzi che oltrepassano la letteratura per immergersi nel sociale.
Quinto giorno: Monica Ali, unica penna femminile. Racconta il disorientamento del trovarsi divisi tra due culture tanto diverse, una indiana e l’altra inglese.
Sesto giorno: Ian Sinclair. Scrittore di metafore e occhio attento al declino consumistico londinese.
Settimo giorno: Hanif Kureishi e il suo viaggio a un tempo fisico e esistenziale per le strade londinesi, uno dei primi a narrare, con satira, dell’incontro tra mondo orientale e occidentale a Londra.
Ultima tappa. La Londra di Nick Hornby, forse quella più conosciuta dal pubblico italiano grazie a successi come Un ragazzo o Febbre a 90°.
Giunti alla fine di questo viaggio, un commento alle foto scattate: bella l’idea di accompagnare la mappa della «literary London» con delle immagini, peccato per la scelta non sempre ottimale del repertorio!

(Valentina Agostini, “Londra chiama”, Il Saggiatore 2010, € 12,80)

Silvia Blakely

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