Lo sbadiglio ha le sue stagioni
Alcuni ricercatori dell’Università di Princeton hanno scoperto che sbadigliare può essere indice della necessità di raffreddare il cervello e non segno di noia o di stanchezza. Dalla loro ricerca è emerso come la frequenza degli sbadigli diminuisca col caldo e si accentui con l’arrivo dei primi freddi.
A chi non è capitato di sorridere nel ritrovarsi a imitare, in modo involontario, un proprio vicino che ha appena sbadigliato? Ebbene sì, lo sbadiglio è contagioso. Probabilmente per via dell’empatia che ci lega agli altri esseri umani. Ma cos’è lo sbadiglio? Innanzitutto si manifesta con una profonda inspirazione seguita da un’espirazione e porta a spalancare la mandibola, nonché ad una serie di contrazioni muscolari. Anche se è un gesto comune tra gli uomini e tra molti animali, si sa ancora poco sui meccanismi fisiologici dai quali ha origine. Sono numerose le ricerche e le ipotesi fatte sullo sbadiglio, ma pochi sembrano aver compreso quale sia la sua vera utilità. Secondo una delle prime teorie, oggi superata, l’insorgere dello sbadiglio era una risposta ad un’eccessiva presenza di anidride carbonica nel sangue, un modo per aumentare la quantità di ossigeno nell’organismo. Altri studi lo considerano un riflesso scatenato dai neurotrasmettitori che, agendo a livello cerebrale, influenzano emozioni, umore ed altri aspetti della nostra vita. Ma fa parte ormai del senso comune associare lo sbadiglio esclusivamente alla stanchezza, alla noia, o alla fame.
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Contro questa mentalità è stato elaborato un recente studio, condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Princeton, secondo cui sbadigliare sarebbe un indice della necessità di “raffreddare il cervello”. I risultati dello studio, recentemente pubblicati dai ricercatori Andrew C. Gallup e Omar Tonsi Eldakar su «Frontiers in Evolutionary Neurosciences», sembrano infatti dimostrare come lo sbadiglio sia un comportamento di termoregolazione. In estate, quando la temperatura esterna è più simile a quella corporea, si sbadiglierebbe di meno che in inverno. Per avvalorare questa tesi, sono stati presi in esame 160 volontari nella città di Tucson, in Arizona, in due differenti stagioni: in inverno, con una temperatura di 22°C e all’inizio dell’estate, con una temperatura di 37°C. I due gruppi sono stati posti davanti a immagini di gente che sbadigliava e sono state osservate risposte diverse. Durante la stagione più fredda, il 45 per cento delle persone è stata contagiata dallo sbadiglio, mentre in estate solo il 24 per cento. «Gli esperimenti sugli animali — ha affermato Gallup — hanno dimostrato che lo sbadiglio riduce la temperatura all’interno della testa, ora i dati che abbiamo raccolto per la prima volta in esseri umani confermano indirettamente che è così: si sbadiglia di più quando lo scambio con l’aria esterna può raffreddare una “testa calda” e non se la temperatura fuori è praticamente uguale a quella interna».
Sarebbe così svelato il segreto dello sbadiglio, non più un semplice segnale di noia o stanchezza. Inoltre, le applicazioni di questa ricerca sarebbero importanti per comprendere meglio malattie e disturbi come la sclerosi multipla o l’epilessia, spesso accompagnate da sbadigli frequenti e disfunzioni della termoregolazione. In attesa di futuri approfondimenti, continuiamo a sbadigliare?
Erika Elleri