Lingua e integrazione culturale

Quando la lingua del Paese che ospita finalmente appartiene, come una “Lingua Madre” sa prendere per mano guidando e diventando strumento espressivo e voce di chi in genere non ne ha in un processo d’integrazione culturale e d’arricchimento reciproco. (Foto: Flickr cc gianfrancogoria)

Essere straniero in un Paese che spesso “accoglie” solo in apparenza e senza voce perché non si sa ancora utilizzare la lingua d’arrivo acuisce le difficoltà e la sensazione di straniamento.
Le donne, in questa esperienza di viaggio della speranza che è l’emigrazione-immigrazione, sono spesso discriminate due volte sia per i limiti posti dalla cultura di appartenenza, sia per il carico della famiglia e del lavoro. Eppure, sono proprio le donne le abili curatrici di quelle radici e di quel confronto che, preservando la propria identità, sa anche arrivare all’integrazione culturale.
Esempio di questo processo è la capacità di esprimere, nella lingua del Paese ospitante, vissuti fatti di nostalgia, speranza e difficoltà.
Così, Manik, la protagonista di Ricordi alla menta dell’armena Veronica Orfalian (Seb27, 2010) unendo la nostalgia dei profumi e dei sapori della terra d’origine al suo desiderio d’integrazione, narra: «… quanto fosse diverso vivere in quella città, ma al primo sorso, il forte sapore di menta l’aveva riportata nella sua casa, quella che aveva perso e il profumo della menta la consolò un po’ … nei giorni seguenti ebbe un gran da fare per arredare la sua nuova sistemazione italiana, piantò la menta in un vaso più grande, anch’essa adesso aveva la sua nuova dimora, bisognava aiutare le fragili radici ad abituarsi alla nuova terra, bisognava innaffiarla con l’acqua proprio come Manik doveva fare con i suoi figli, doveva innaffiarli di speranza e gioia …».
Accanto alla speranza convive, però, anche la difficoltà, come quella delle regole burocratiche che, all’alba di grigie giornate, fa prendere il treno per potersi mettere, ancora una volta, in fila davanti ad una Questura e, avere, così, un numero che significa regolarità e riempie di speranze: «… riuscirò ad avere un numero oggi? Speriamo che ci sia meno gente del solito, magari con il freddo si sono alzati tutti un po’ più tardi …» (Il luogo dei confini, Kamela Guza, Albania, Seb27, 2010).
Perché fuori da quella regolarità si è clandestini ed è come non esistere e come Florence fa dire:
«… Sono viva, ma non esisto, ho un padre e una madre, ma sono sola al mondo, ho cinque fratelli, ma nessuno da abbracciare … sono protagonista di un mondo parallelo, vivo nel limbo, mi nascondo, sono invisibile, sono clandestina … mi chiamo Florence, ma mi faccio chiamare Clara …» (Florence e il suo mondo parallelo, Monica Vodarich, Croazia, Seb27, 2010).
Queste alcune voci tratte da Lingua Madre Duemiladieci – Racconti di donne straniere in Italia(Seb27, 2010), che pubblica le opere finaliste del concorso nazionale “Lingua Madre”, giunto ormai alla sua settima edizione e presente fin dall’esordio, nel 2005, al salone del libro di Torino.
Concorso, ma anche stimolo per laboratori di narrazione, lettura e scrittura secondo com’è andato a coniugarsi nei vari progetti d’intercultura e scuola e nelle varie associazioni e centri interculturali oltre che nella scelta personale di donne straniere anche di seconda o terza generazione.
Opportunità espressiva aperta anche alle donne italiane che, incrociando nel loro cammino donne straniere, hanno saputo cogliere la ricchezza di quell’incontro piuttosto che farsi intimidire dalle diversità e che vogliono parlare di quest’esperienza.
Un modo diverso, attraverso la scrittura, di come si possano preservare identità e radici, ma anche esprimere differenze in un confronto culturale che, superando paure e pregiudizi, faccia davvero camminare insieme.
Altra iniziativa più istituzionale e di più largo orientamento, rispetto all’acquisizione dell’italiano, oltre che stimolo a creare una lingua comune che faciliti sia l’integrazione sia la capacità di accoglienza, è il progetto Io parlo italiano.
Promosso dal Dipartimento per gli Affari Sociali, dalla Presidenza del Consigli dei Ministri in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione, Rai Educationale i Centri territoriali per l’educazione permanente degli adulti, il progetto, consultabile via internet, è presente da un decennio ed è valido supporto non solo per lo studente straniero, ma anche per gli operatori a vario titolo del settore.

Emanuela Carbonelli

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