La vita di Salvator Rosa

“Non secondo a nessuno del suo tempo”
Fino al mese scorso era possibile visitare a Napoli la meravigliosa mostra dedicata al pittore napoletano Salvator Rosa , presso il Museo Capodimonte. Per chi non fosse riuscito a vederla o volesse semplicemente approfondire la conoscenza dell’artista è possibile leggere una sua biografia.
Si parte dalla sua nascita, avvenuta attorno al 1615 proprio a Napoli, dove erano passati Michelangelo Merisi da Caravaggio, il quale aveva profondamente mutato la lingua dell’arte locale, Pietro Bernini, padre del più famoso Gianlorenzo o Annibale Carracci.
Del resto la Napoli del tempo era una città governata dagli Spagnoli, che da un lato la oppressero con tasse e potere, ma dall’altro le diedero quella tranquillità e quell’assetto urbanistico che ancora oggi si ritrova nei quartieri spagnoli (residenza dei soldati) o in Via Toledo, arteria centrale, che prende il nome dal viceré che la fece costruire. Salvatore peraltro respira sin da piccolo atmosfere artistiche. Il nonno, pittore, che aveva residenza all’Arenella ed era benestante, era solito chiamare a sé nobili e artisti locali; oltre allo zio Domenico, pittore mediocre, anche lo zio Andrea.
Francesco Fracanzano, poi, abile pittore locale con cui cominciò la sua formazione, aveva sposato sua sorella. Salvator Rosa quindi non poteva scegliere strada diversa, anche perché, abbandonato dal padre, doveva guadagnarsi da vivere, dipingendo scene di genere e paesaggi molto apprezzati, tanto che, ad esempio, il pittore Lanfranco li acquistò per sé.
Napoli, allora come ora, non prometteva molto ai giovani talenti, quindi il Rosa decise di abbandonarla alla volta di Roma, città di papi e cardinali, ricchi committenti che avrebbero potuto fare di lui un famoso e ricco pittore. Quando però arrivò in città, spopolavano i nomi di Pietro da Cortona e del Bernini, quindi, per lui, giovane pittore sconosciuto, di lavoro non ce n’era e, deluso, probabilmente tornò a Napoli,  randando poi a Roma e a Firenze, culla dei Medici, accolto con onori e ospitalità.Qui cominciò subito a lavorare per i principi toscani e strinse molte amicizie con nobili, scrittori e artisti di teatro, dove lui stesso lavorò redigendo sonetti ed opere satiriche indirizzate a personaggi a lui poco gradevoli. Era una persona dal carattere particolare, certamente non poteva essere definito un tipo tranquillo, anzi era forte e impavido , non aveva paura di dire le cose come stavano; del resto i grandi artisti, da Caravaggio a Michelangelo Buonarroti, erano spavaldi ed arroganti, e forse per questo furono considerati geni. Tanto amati dai posteri, poiché non si piegavano agli ordini, anche se di fronte al papa o al re.
Avevano sempre però nel loro cuore un posto per l’amore. Ogni pittore ha la sua dama, ufficiale o meno, Raffaello aveva la sua Fornarina, il Rosa aveva la sua Lucrezia, sensuale modella che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Era già sposata quando lo conobbe a Firenze e scappò con lui. Riuscì a sposarlo sono in punto di morte. Condivise con lui gioie e dolori, fu costretta ad abbandonare i figli che dava alla luce, per le condizioni economiche non sempre favorevoli.
Solo un figlio, Rosalo, fu salvato, forse perché fu il primo. Nonostante tutto gli fu accanto, anche quando le maglie dell’Inquisizione arrivarono a lei, infangandola perché, ancora sposata, viveva con un altro uomo, da cui aveva avuto un figlio. Visse però anche momenti felici, soprattutto quando lui fu all’apice della sua carriera e poteva permettersi vacanze, soldi e un appartamento nella zona di Piazza Navona a Roma. Fu regina di banchetti e serate presso la loro “corte”. Conobbe il lusso e la gloria ma anche la fame e l’abbandono di coloro che si erano seduti alla loro tavola quando il sole era alto, ma che preferivano ignorarli per strada.
La vita di Salvator Rosa fu una vera e propria altalena capace di raggiungere vette altissime in poco tempo, ma di ritrovarsi anche ai livelli più bassi. Proprio questo tenore così precario, questa alternanza di gioie e dolori portarono l’artista a morire il 15 marzo 1673. Lasciò tutti i suoi averi a suo figlio Augusto di 18 anni che poteva contare su una grandissima quantità di libri, mobili e ottantamila scudi. Fu sepolto nella basilica di S.Maria degli Angeli e ricordato con un epitaffio che recita: “Salvator Rosa, pittore napoletano, non secondo a nessuno del suo tempo, e pari ai migliori poeti di tutti i tempi. Il figlio Augusto pose.” In realtà la frase che meglio descrive l’animo del pittore è la seguente:

“Aut tace aut loquele meliora silentio”- O taci o esprimi cose migliori con il silenzio”…null’altro da aggiungere.

Stefania Castiglione

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