La scelta non è di Said

L’amico mai più ritrovato

“Era lo stesso Said che conoscevo da bambino, da quando era nato. Lo stesso che aveva frequentato con profitto la scuola, lo stesso che avrebbe meritato di fare l’università. Lo stesso che si era sacrificato a lungo per la sua famiglia…”. Nel condizionale “dell’impossibilità” di questi pensieri del protagonista risiede la chiave di lettura dell’intero romanzo scritto a quattro mani da Bouchaib Mhamka e Raffaele Masto.
La scelta di Said. Storia di un kamikaze (Sperling & Kupfer Editori, 2008), in effetti, non è tanto la storia di un kamikaze, quanto il delicato racconto di un’amicizia tra due giovani marocchini. Amicizia dapprima latrice della forza con cui Bouchaib e Said affrontano le nefandezze della vita, ma che in un secondo momento cede, inerme, dinnanzi alle forze oscure dell’integralismo islamico.
Come tutti gli abitanti di Sidi Moumen, i due amici crescono frustrati e segnati dalla miseria della bidonville invisibile della periferia di Casablanca: il loro è un peccato, o meglio una punizione, originale. La scelta di Said è dunque leggibile come la storia di una spasmodica ricerca della libertà fuori dalla spettrale periferia, e di una fuga (o quantomeno il tentativo) da un luogo che non è più tale, e dalla puzza immonda che lo caratterizza giorno dopo giorno (ciò che più colpisce di Sidi Moumen sono proprio la soffocante mancanza di spazio e le fogne a cielo aperto).
Precisamente, in queste condizioni di vita arida e priva di prospettive,  le frange estremiste trovano un fertile terreno di reclutamento ed indottrinamento. Approfittando di spiriti indeboliti dagli odori della baraccopoli ( “Ma non cambiava nulla: il mio scenario era sempre un palcoscenico di spazzatura, di odori nauseabondi che dai vicoli penetrano nelle narici e da quelle invadono la testa, i pensieri.”). Le forze oscure rubano vite, rubano il futuro di giovani ragazzi che un futuro non ce l’hanno. Significativo è l’appello finale di Bouchaib a Said: “[…] riprendi il controllo della tua mente, toglila dalle mani di quei ladri”.
Refrain del romanzo è la fisiologica brama di libertà, traducibile solo in evasione: verso il centro di Casablanca o, meglio ancora, verso l’Occidente. Oppure,  in direzione dell’Islam: la comunità religiosa accoglie gli individui in una grande famiglia, che si dimostra in grado non solo di riempire il vuoto interiore scolpito dall’insoddisfazione, ma persino di fornire sostegno economico. In quest’ottica, il passaggio dalla Moschea ai gruppi estremisti risulta quasi naturale: in Bouchaib prima e Said poi, è alquanto evidente il desiderio (auto)indotto di ” ricambiare tutto ciò che la fede mi aveva dato”. Spronati  dall’idea che le brutture della società, causa prima del degrado di bidonville come Sidi Moumen, siano gli empi e gli infedeli; “burattinai” che vanno necessariamente puniti. Su questa strada si perde “l’amico mai più ritrovato”: Bouchaib si dimostra capace di svincolarsi dal giogo manipolatore. Al contrario, Said rimane vittima (e carnefice) inconsapevole della logica della punizione. La scelta di Said non è effettivamente sua, bensì è la scelta dei reietti della società che non hanno nulla da perdere e quindi manipolabili ” a piacere fino a far loro credere di diventare martiri per Allah”.

Silvia Blakely

Click Here to Leave a Comment Below