La morte non è un male

La morte non è un male

Il “viaggio” di ognuno di noi presenta una tappa ineluttabile, connaturata al nostro status di essere umani: la morte. Essa non rappresenta la fine di tutto, ma solo l’inizio di un altro “percorso”.

La morte non è un male

Giotto – Funerali di san Francesco

«Laudato si’ mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale»; sora, cioè sorella. Queste le parole di san Francesco, che aveva compreso che la morte non è un male terribile dal quale fuggire. Come tutto ciò che si trova sulla terra, ognuno di noi ha un inizio e avrà una fine; fa parte della vita terminare il proprio percorso, arrivare al capolinea… è naturale, è nell’ordine delle cose. Eppure la temiamo, evitiamo di parlarne, la sola idea ci atterrisce, a volte viviamo tutta la nostra esistenza con questa spada di Damocle che pende sulla testa, chiedendoci come, dove, cosa si proverà, cosa ci sarà dopo. Questo incessante turbinio di paure e di elucubrazioni mentali non fa altro che rendere la morte ciò che non è, attribuendole una connotazione negativa che in realtà non le appartiene, perché la morte non è un male. Sicuramente, non è semplice riuscire a pensarci, a immaginare che quello che fa parte di tutti i nostri giorni, in un futuro, finisca; non è semplice accettare la dipartita di chi amiamo, non è semplice accettare che siamo “finiti”. È proprio questo il bandolo della matassa: non riusciamo ad accettare la nostra esistenza così come ci è stata donata, e cerchiamo in ogni modo di esorcizzare una tappa che per ognuno sarà il normale epilogo del proprio cammino.
Spesso, quando ci avviciniamo a persone dilaniate da terribili malattie, parlando con loro ci accorgiamo che la morte non è una nemica da fuggire a tutti i costi, non è la spaventosa ombra che sta per strapparci via come si fa come una pianta: c’è molto di più. Questo di più è quella piccola luce interiore, è la fede, è la consapevolezza che ogni cosa che accade non accade per caso, la consapevolezza che morire non significa la fine di tutto, ma l’inizio di qualcos’altro. Non è facile pensare che tutto ciò che costituisce il nostro piccolo mondo possa finire da un momento all’altro, anche se in realtà non è così. C’è chi non si sofferma sul dopo e chi invece di esso fa un’ossessione. Fin dal principio, l’uomo ha cercato in tutti i modi di “sconfiggere” l’oscura signora: ci ha provato con la medicina, e in generale utilizzando tutte le proprie conoscenze; ma la morte è qualcosa che va oltre. Costituisce un passaggio, un ponte tra due realtà che non sono distinte tra loro e neanche in conflitto. Morire non significa perdere ogni cosa, ma intraprendere un viaggio diverso, in cui il corpo, abituato alle quotidiane faccende della vita, non serve più: il luogo in cui si viene accolti è sicuramente un luogo di pace, dove gli affanni, così come umanamente intesi, svaniscono, un luogo in cui la dicotomia mente e spirito perde il suo senso terreno; è per questo che la morte non è un male. Se ci soffermassimo su ciò, sulla convinzione che venir meno non è necessariamente la fine di ogni cosa, vivremmo un’esistenza più serena, godendo, in maniera attenta e oculata, del prezioso tempo che ci è stato donato. La morte corporale, come sottolinea san Francesco, serve a ricordare all’uomo che la sua vita ha un valore, che deve spenderla nel rispetto di questa e del prossimo, che ogni gesto, ogni minimo pensiero, deve essere indirizzato all’amore e non all’odio e alla violenza. La vita è un regalo meraviglioso che Dio ci ha fatto; la morte ne è solo la conclusione.

Amalia Papasidero

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