L’estrema destra prende piede in Europa: i pericoli del malcontento

Con la crisi economica che colpisce pesantemente i cittadini europei, rabbia e frustrazione crescono tra la popolazione. Cavalcando contraddizioni, vecchi slogan e un relativamente nuovo euroscetticismo, in tutto il continente si riaffermano i partiti dell’estrema destra.

Dopo aver inabissato gli Stati Uniti per almeno tre anni, la crisi economico-finanziaria ha raggiunto anche il vecchio continente, causando un’ondata di disagio e malcontento più che giustificata. Come da tradizione, al malessere sociale si accompagna l’affermarsi di movimenti e partiti che “parlano alla pancia” dell’elettorato, facendo leva sugli istinti più elementari e, almeno in alcuni casi, più bassi dell’uomo. Trovare un nemico, qualcuno da incolpare o comunque su cui sfogare la propria frustrazione, diventa una tentazione molto forte che porta al riacutizzarsi di fenomeni di intolleranza e razzismo, strumenti di propaganda preferiti dall’estrema destra.
Negli ultimi anni, numerosi Paesi europei hanno manifestato una lenta ma costante deriva verso i movimenti più estremisti. Il fenomeno sembra seguire uno schema già visto agli inizi del secolo scorso in base al quale la rabbia del popolo per le proprie difficoltà economiche e sociali veniva indirizzata verso l’esterno, individuando la causa del malessere al di fuori della propria nazione o del proprio gruppo etnico. Così di volta in volta il nemico diventa l’immigrato – come suggerisce, tra gli altri, il Fronte Nazionale di Le Pen in Francia – o l’Unione Europea, bersaglio prediletto di numerosi movimenti nazionalisti.
L’avanzata dell’estrema destra non può essere sottovalutata soprattutto in considerazione dei successi elettorali raggiunti negli ultimi anni in tutta Europa. A destare particolare preoccupazione sono i Paesi nei quali i livelli di cultura e reddito sono elevati, in cui l’estremismo conquista quote di elettorato colto in precedenza moderato. La lista dei successi e delle iniziative intraprese dall’inizio del nuovo millennio ad oggi è decisamente lunga.

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In Francia, il Fronte Nazionale di Jean-Marie Le Pen – che raggiunse il ballottaggio già alle presidenziali del 2002 – è oggi sotto la guida di Marine, figlia dell’ex legionario. La sua immagine, apparentemente più moderata, ha permesso al fronte di accrescere il proprio seguito. Già capace di un apprezzabile 12% alle ultime elezioni regionali, il movimento sarebbe addirittura cresciuto sull’onda della crisi e, secondo diversi sondaggi, si attesterebbe oggi al 20% dei consensi.
Successo altrettanto sorprendente è stato quello del Partito della Libertà olandese (Pvv) che nel 2009 è diventato il terzo partito del Paese. Il movimento, che sostiene – anche se ufficialmente dall’esterno – l’attuale governo con il 16% dei deputati, si fa portatore di un messaggio fortemente anti-europeista. Stesso genere di messaggio politico è portato avanti da Jobbik, partito ultra-nazionalista ungherese guidato da Gabòr Vona, capace anch’esso di un 16% alle ultime consultazioni nazionali. Movimenti analoghi prendono piede anche nel resto dell’Est europeo e dei Balcani.
Persino i Paesi nordici non sono immuni al fascino dell’estrema destra. In Finlandia circa il 20% della popolazione ha votato i “Veri Finlandesi”, formazione che è stata capace di incrementare i propri seggi in Parlamento da 5 a 39 (su un totale di 150). In Danimarca il governo, grazie al sostegno del Partito del Popolo – attestatosi al 15% nelle precedenti elezioni –, è arrivato persino alla sospensione del Trattato di Shengen al fine di limitare l’immigrazione.
Ma il successo dell’estrema destra non è soltanto la vittoria dell’intolleranza, è anche la testimonianza di un preoccupante recupero di vecchie ideologie e di una parte consistente di Europa che sembra cercare soluzioni a nuovi problemi guardando al passato invece che al futuro. Un riacutizzarsi di populismo, nazionalismo e conservatorismo che rischia di avere come effetto quello di impedire che l’Europa della moneta si trasformi nell’Europa dei popoli.

Alessandro Turco

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