L’Antro della Sibilla a Cuma

Tra mistero e abbandono

Virgilio nell'”Eneide” ci parla dell’affascinante luogo dove Enea, impavido eroe, scende per ritrovare e riabbracciare suo padre Anchise.
Ce lo descrive come un santuario tenebroso e buio dove una piccola donna legge il futuro assisa su un trono di tufo. È lei la leggendaria Sibilla cumana che aveva chiesto al dio Apollo il dono dell’immortalità senza richiedere anche l’eterna giovinezza del corpo. Così il tempo passava e lei diventava sempre più minuta, fino ad entrare in una bottiglia, invocando inutilmente la morte.
Risalente al V secolo, l’antro si presenta a sezione trapezoidale alta 5 metri, con un lungo corridoio in tufo giallo di circa 130 metri, al termine del quale si trova un ambiente voltato con un cubicolo tripartito.
Già dall’esterno il visitatore avverte una sensazione a metà strada tra paura e fascino. Si ha la tentazione di entrare e di scappar via. Si vede chiaramente l’entrata, ma non l’uscita. Lo sguardo fugace arriva fino ad un certo punto, poi il buio non permette di andar oltre e allora la fantasia prende il sopravvento.
Sembra di ascoltare i lamenti della Sibilla, e il mare all’esterno, con le sue onde, fa bene la sua parte.
Sembra di essere su una scena di un film o di essere tornati indietro nel tempo. Il tempo, quello passa e non si sa ancora se entrare o restare fuori. Poi si prende coraggio e si entra….e un mondo nuovo e particolare salta addosso. L’adrenalina si alterna con la paura di non vedere cosa ci attende, ma questo poi spinge ad andare oltre.
Man mano che si procede il silenzio appare e, come sonnambuli, si vaga dritti verso la meta.
Si ha la tentazione di tornare indietro ,ma è più forte quella di restare.
Finalmente si scorge la fine. Si intravede una piccolo abside e sembra di vedere questa donnina in una bottiglia, esile, che prega solo di morire.
È una sensazione da provare. La paura si placa e la meraviglia prende il sopravvento e ci si chiede come mai solo ora si è deciso di venire in questo posto, così famoso eppure così dimenticato.
Sono convinta che se l’Antro fosse in America o in Francia o in Inghilterra verrebbe valorizzato a tal punto da diventare meta per croceristi e turisti.
E invece siamo a Napoli, in Campania, in Italia e maltrattiamo questi luoghi.
Ce ne dimentichiamo. Li abbandoniamo. Potrebbero regalarci emozioni sincere, non quelle finte da parco dei divertimenti. Questa è cultura, dovrebbe essere il nostro pane quotidiano, eppure lo lasciamo lì a seccare…fino a gettarlo via!
Ci sarà pure stato un motivo per cui gli antichi Greci e Romani scelsero questi luoghi.
Noi invece, non li sappiamo amare.
Divinizziamo gli alti freddi grattacieli americani e non ci accorgiamo di quanto abbiamo di meraviglioso nella nostra terra!

Stefania Castiglione

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