Il sassofono nero

La “nuova cosa” tra letteratura e musica

Un John Coltrane ormai prossimo alla morte è il protagonista di un trascinante monologo interiore frammentato  dalle vicende di un romanzo fatto di cronaca alternata a pura invenzione. Il vero protagonista rimane comunque l’ambiente jazzistico nero sullo sfondo sociale razzista di fine anni Sessanta. New Thing ( Einaudi, 2004. € 14,00 ), prima opera da solista di Roberto Bui, membro fondatore del collettivo Wu Ming, alias Wu Ming 1. Questo romanzo, se di romanzo si può parlare, si carratterizza per l’evidente e riuscito tentativo di uscire dal sentiero letterario per addentarsi in quello musicale. Il lettore si trova tra le mani una sorta di opera non tanto scritta quanto suonata; sembra effettivamente che la penna dell’autore sia stata sostituita, o quanto meno guidata, dal sassofono del grande Coltrane, e spinta incessante in avanti dagli strumenti della New Thing, dando vita ad un racconto corale narrato da voci alternate e più o meno complementari. La Nuova Cosa non fu subito compresa nell’ambiente musicale in cui nacque, ci fu chi la etichettò come antijazz, proprio per le sue forma indefinite: ritmi svincolati da schemi metrici, strumenti a fiato suonati sino allo stridore, quasi totale libertà ritmica e melodica. Parallelamente New thing, il romanzo, abbandonato ill selciato della Letteratura con la L maiuscola, si definisce anch’esso per la nebolusità che avvolge l’intero sviluppo narrativo: trama composita, pluralità di voci e punti di vista, sintassi spezzata, frasi troncate, linguaggio poetico in lotta con quello gergale; il tutto in una generale sensazione di corsa contro il tempo, di ritmo sfrenato ed incessante che travolge il lettore con la stessa rapidità con la quale il cancro sta rodendo il fegato di John Coltrane.
Trama composita…Innanzitutto vi è la questione sociale, quella del razzismo contro l’uomo nero la cui identità vacilla giorno dopo giorno: africano, negro, nee-grow, nighrah, nigger, nigga, afroamericano, africano della diaspora. Da cui la necessità di un ritorno alle origini, la riscoperta dell’Africa tanto peculiare nel movimento della New Thing. A questa prima tematica si ricollega la seconda, una sorta di romanzo nel romanzo dove la trama si tinge di giallo seguendo le tracce dell’invisibile e feroce serial killer che sta decimando la comunità dei musicisti afroamericani di Brooklyn; in queste pagine si tratteggia la leggenda del Figlio di Whiteman (si noti come il nome Whiteman si traduca letteralmente Uomo Bianco), coinvolgendo nella questione, con ruolo ambiguo, tanto l’idea generale di establishment quanto nello specifico le forze dell’FBI. E ancora, l’ascesa del Black Power, il delinearsi del Free jazz, la scomparsa di Sonia Langmut (giornalista musicale, amica di jazzisti e leaders neri) sulle tracce di Whiteman, la protesta contro il Vietnam, il toccante ritratto degli ultimi giorni di vita del grande John Coltrane.
Il romanzo, o forse sarebbe meglio chiamarlo canto libero, si conclude con una serie di quesiti privi di risposta, lasciati in sospeso da quella sorta di piani sequenza interrotti bruscamente all’interno di un collage sicuramente confusivo e polifonico. Ciononstante il lettore potrà dire di aver chiuso il libro sentedosi arricchito o per lo meno conscio di nuove, e diverse, angolazioni da cui osservare il mondo e la storia.

Silvia Blakely

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