Il prezzo di un sogno
“Tutto il mondo in un sogno”: la cronaca sofferta di una strada sbagliata, per inseguire con forza un desiderio negato dalla vita.
Sasà Russo, Tutto il mondo in un sogno, Kimerik 2010Laura Melli e Paola Rigoni, amiche da sempre, sono detenute in carcere da cinque anni per una scelta di riscatto sociale. Giulia, invece, è una giornalista caparbia che, contro tutti e contro tutto, ha deciso di incontrare e offrire qualcosa che nessun altro aveva mai concesso prima alle due ragazze: l’ascolto.
Tutto il mondo in un sogno di Sasà Russo, edito da Kimerik, è un romanzo di riscatto e di perdono tutto al femminile che guarda con speranza a una vita non menomata dal carcere e da un senso che sembra essere perduto. Le protagoniste, però, dovranno riguadagnarsi tutto, a partire dalla fiducia.
Il confine tra un romanzo e un testo scritto è profondissimo, eppure così sottile da poterci inciampare. È proprio quello che fa l’autore del libro che muove da un’idea interessante e di carattere, ma non la realizzata appieno. Lo stile appare ridondante e piatto. L’autore si lascia andare a numerose ripetizioni. Dalle ripetizioni trapela incertezza: come se l’autore non fosse convinto della sua precedente trattazione. Né libro e autore tentano di accattivarsi l’interesse del lettore. La stessa caratterizzazione dei personaggi è superficiale: la loro presentazione è affidata alle sole parole, in molti casi troppe e poco ai gesti, alle sensazioni, ai comportamenti. Ecco allora che i protagonisti appaiono come “svuotati”, privi di ogni spessore ed emozione. La narrazione, purtroppo, non crea immagini, non suscita nel lettore il dono di quell’occhio speciale che lo catapulta al di là delle parole, rendendo quasi superflue le descrizioni.
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Inoltre, in un contesto così particolare come quello del carcere, che ben si presta alle descrizioni di emozioni forti da far trattenere il fiato anche al lettore più distratto, l’atmosfera non c’è, sembra estranea, alienata dalle pareti sterili della pagina. I dialoghi non sono caratterizzati, tutti i personaggi parlano nella stessa, identica, aulica maniera, obbligando il lettore a usare espedienti che affaticano la lettura per comprendere chi stia parlando.
Il lettore non riesce a entrare nella storia. Chi legge non viene accolto come si deve: lo scrittore sembra troppo preso dalle proprie parole per farlo accomodare. Sembra pensiero che pensa a se stesso, dentro uno stile ancora acerbo e troppo autoreferenziale.
Alessio Chiadini beuri