I segreti di Cracovia
Leggenda, arte e storia tra le vie della città
Quando all’interno di uno stato si trovano due città che per evidenti ed importanti motivi spiccano su tutte le altre, fra esse si accende un’intensa e spesso sana rivalità. Capita in Italia, con Roma e Milano, in Spagna, con Barcellona e Madrid, in Germania, con Berlino e Monaco e così in molti altri stati. Da questo assioma non sfugge la Polonia: in questo paese dell’ex blocco sovietico, la competizione intercittadina viaggia sull’asse Varsavia – Cracovia. La differenza sostanziale fra le due capitali (Varsavia lo è attualmente, mentre Cracovia lo è stata fino alla fine del XVI secolo) è l’atteggiamento nei confronti della storia e quindi della tradizione e della modernità. Cracovia è una finestra aperta sul passato della nazione, custode orgoglioso della storia polacca, mentre Varsavia, promotrice instancabile del progresso e dell’industria,volge lo sguardo al futuro
Prova certa del solido legame fra Cracovia ed il suo passato, la si può avere tutti i giorni nella Piazza del Mercato, avendo la semplice premura di osservare ciò che accade sulla cima della torre maggiore (81 m) della chiesa di Santa Maria (Kosciol Mariacki). Allo scadere della dodicesima ora, infatti, un trombettiere sale sulla torre, apre una piccola finestra dirimpetto alla piazza e a pieni polmoni intona l’Inno mariano. La melodia, che un tempo scandiva l’apertura e la chiusura delle porte della città, ad un tratto è interrotto da una nota breve ed acuta. Questo avviene per ricordare l’invasione dei Tatari del 1240, quando proprio il suonatore fu il primo ad avvistare le truppe nemiche, dando l’allarme con il suo strumento a fiato. Un dardo scagliato dalle retrovie lo colpì in pieno petto, facendogli emettere quell’ultima, breve, acuta nota.
Questo ed altri fatti sono raccontati e gelosamente conservati proprio nella chiesa di Santa Maria, in affreschi o manoscritti di inestimabile valore custoditi in una palla dorata collocata sulla sommità della torre maggiore, protetta da una corona d’oro di 350 kg e 2,40 metri di diametro. All’interno della palla è custodito un documento sul quale sono riportati i dettagli della fondazione e delle vicissitudini della città fino agli anni recenti. Una storia, quella di Cracovia, che parte da lontano, da molto lontano, più o meno attorno all’anno mille.
La leggenda narra del principe slavo, tal Krak o Krakus, il quale sfidò ed uccise con un astuto stratagemma il terribile drago che minacciava quello che al tempo era solo uno sparuto gruppo di case. Il saggio principe ordinò di prendere una pelle di pecora, di riempirla di zolfo e di gettarla, dopo averle dato fuoco, nella grotta dove era solito riposare il drago. Divorata la pecora in un sol boccone, il vorace bestione avvertì un bruciore allo stomaco e corse al fiume per abbeverarsi. Bevve in maniera così avida che esplose, regalando agli abitanti del villaggio degli spettacolari fuochi d’artificio. Da quel momento, il piccolo villaggio assunse il nome di Krakow in onore del nobile principe slavo (va detto che lo spirito del drago continua ancora oggi a vivere grazie a una statua d’acciaio, posta in una grotta, che emette una poderosa fiammata a intervalli regolari).
In verità poco si sa delle origini storicamente provate di Cracovia, ma sappiamo bene quanto fascino provochi l’abile intreccio di storia e leggenda nelle antiche città che tutelano con sapienza le proprie vestigia e fondano la propria dinamicità proprio sul mistero delle fondazioni e sul fascino degli episodi. In questo Cracovia non fa eccezione. E di questi episodi se ne potrebbero enunciare a centinaia, dalla sfida fratricida per la costruzione delle torri di Santa Maria (sotto il portico del Palazzo del Tessuto, nella Piazza del Mercato, fa bella mostra di sé, appeso al soffitto, il coltello che avrebbe deciso le sorti della sfida a favore di uno dei due fratelli), alla onirica visione che permise al principe Czartorysky di tornare da un viaggio in Italia con la Dama con l’ermellino di Leonardo (regolarmente acquistata), alla leggendaria presenza, in una grotta poco distante dal centro cittadino, di una delle sette pietre magiche chakra che il dio Shiva donò all’umanità in tempi lontani (alla forza protettrice della pietra si attribuisce la mancata distruzione della città durante la seconda guerra mondiale).
Cracovia è quindi un pout pourri di mistiche leggende e fatti reali; tutto questo ha permesso nel tempo lo sviluppo di una effervescente atmosfera culturale che pervade ancora oggi l’intera città. La si può avvertire soprattutto passeggiando nel quartiere universitario, il più antico e prestigioso della Polonia. Qui hanno studiato Copernico, Karol Wojtyla, Andrzej Waida, la poetessa Szymborska, premio Nobel per la Letteratura nel 1996, e altri insigni studiosi. A Cracovia aveva svolto una parte del praticantato anche uno dei pittori “maledetti” del romanticismo polacco: Wladyslaw Podkowinski. Egli è l’autore di uno dei quadri più famosi della Polonia, il grande dipinto Estasi, raffigurante una donna nuda sensualmente accovacciata sul dorso di un imponente cavallo nero in fase di resta. Eseguita dall’artista nel 1894 ed esposta nello stesso anno a Varsavia, quest’opera scandalizzò critica e pubblico, attirando però ben 12.000 visitatori nell’arco del primo mese di esposizione. Sconvolto dallo scandalo, un giorno Podkowinski entrò con irruenza nel museo e lacerò la tela con un coltello nel tentativo di distruggerla. Gravemente malato di tubercolosi, morì pochi mesi dopo di follia: aveva 29 anni.
Sembrerà un paradosso, ma l’uomo di cultura più amato della città è in realtà un intellettuale che non ha mai vissuto, né lavorato a Cracovia: si tratta del poeta romantico Adam Mickiewicz.
Mickiewicz ha dedicato la sua vita e l’intera sua opera al progetto di emancipazione del regno polacco dal “paterno abbraccio” della Russia nella prima metà dell’ottocento. Braccato proprio dai Russi per le sue idee, visse molti anni esule lontano dalla propria terra d’origine. Per nobile riconoscenza, la cittadinanza ha preteso l’erezione di un monumento commemorativo a lui dedicato nel cuore della città, a pochi passi dal Palazzo Tessile, e ha ottenuto nel 1890 dal comune di Parigi, dove Mickiewicz fu cremato, la restituzione delle ceneri, che oggi riposano in una cripta della cattedrale del castello, sulla collina del Wawel.
Graziano Martini