Giro in mongolfiera tra i camini di fata
Risvegliare i sensi e liberarsi dei propri limiti per osservare la terra da altri punti di vista. Entriamo in Cappadocia in modo originale: sulla mongolfiera. Una gita impressionante tra paesaggi lunari e illusioni naturalistiche.
Le mongolfiere sorvolano la Cappadocia
Volare. Possedere un paio d’ali immense per staccare i piedi da terra. Un desiderio recondito.
Salire verso il cielo, trasportati dal vento per distendersi sulle nuvole, e guardare giù, la terra. Privilegio assoluto per imparare ad amarla insieme ai suoi difetti, così come fanno gli angeli. Un sogno a caduta libera in cui si finisce sempre per terra.
Ma provare a far volteggiare le emozioni sospese nel nulla, attraverso simulatori di volo decisamente più sicuri, si può.
Avete mai pensato di entrare dentro una grande bolla d’aria calda, che prende quota lentamente nell’assoluto silenzio spinta solo da un soffio di vento? A bordo della placida mongolfiera.
Se poi associate questa esperienza di viaggio per scoprire territori di incomparabile bellezza, allora preparatevi a vivere sulla vostra pelle un sogno che si avvera.
Con la cartina geografica in mano, punto il dito sulla mia scelta: la Cappadocia.
Turchia. Anatolia centrale, a Goreme sono le quattro di mattina.
Bizzarre formazioni tufacee
Davanti ad una tazza di thè caldo, aspetto che qualcuno bussi alla porta della mia stanza d’albergo. Cerco di dominare l’ansia riempiendo lo zaino. Da mesi ho prenotato un volo in mongolfiera ed ora sono qui a fare i conti con la paura di volare. Gli organizzatori dell’evento non tardano, entro in macchina, sul sedile posteriore sono presenti tre giapponesi attoniti e assonnati quanto me. Partiamo. Dopo circa un’ora, eccoci arrivati in una distesa vastissima, intorno a noi tantissime persone che lavorano freneticamente e tantissimi palloni di tutti i colori che iniziano a prendere forma. Davanti a me, la mia mongolfiera bianca porta i simboli inequivocabili della nazione turca, una stella e una luna rossa. Maestosa, ingovernabile, è trattenuta saldamente a terra dalla forza delle braccia che la dominano con possenti funi.
La valle di Goreme e i “camini di fata”
Poi l’inaspettato desiderio di voler tornare indietro, perché la paura si riaffaccia prepotente, ma resisto, convincendomi che fino ad ora sta andando tutto bene.
Mi affido al pilota, che con voce calma impartisce poche ed efficienti regole di comportamento da tenere a bordo. Le apprendo. Ora le azioni corrono veloci, mi dispongo in fila, scavalco il bordo del grande cesto e in un attimo sono dentro. Una potente fiamma di gas entra nella cavità della mongolfiera. Guardo su. C’è un rumore assordante che squarcia la nebbia di un’alba silenziosa. Intanto, l’adrenalina sale fredda, contraendo i muscoli in corde d’acciaio. Trattengo il respiro, mentre percepisco che lentamente saliamo verso l’alto. Sto volando. Butto fuori l’aria dai polmoni, dominando la sensazione di trionfo che accelera i battiti del mio cuore. Apro gli occhi e guardo giù. Solo ora riesco a rendere onore al paesaggio.
Il tufo, i vulcani, l’erosione. La Cappadocia è un capriccio della natura, un cataclisma o un’esplosione atomica, evanescente e bella come un miraggio.
Le sue improbabili formazioni tufacee sono il frutto della fantasia della natura, della sua pazienza nel plasmare e levigare la pietra.
Una mongolfiera in fase di atterraggio
Una pietra amica dell’uomo, che per la sua docilità e stata scavata, perforata e abitata da generazioni che qui si sono rifugiate e pregato, tra paesaggi che mutano in relazione alla luce e alla forza della natura col suo scalpello dolce e devastante.
Sospesi e immersi in uno scenario irreale e incantato, la mongolfiera ci conduce dolcemente all’interno di un ipotetico triangolo che include le città di Nevsehir, Urgup e Golsehir.
Leggeri come piume, dondoliamo sulla valle di Goreme: trecento chilometri quadrati di “paesaggio lunare”, cosparso di piramidi di pietra e coni muniti di cappelli, di grandi pinnacoli circolari e obelischi naturali.
E’ tutto un saliscendi di vertigini emotive, quando si penetra nell’insolita area dei “camini di fata” bruciata di luce ocra. Le bizzarre formazioni rocciose, che la superstizione popolare ha legato alla presenza di creature magiche, ci lasciano esterrefatti.
All’improvviso un lungo vuoto d’aria ci riporta a terra. Il giro è terminato. Lo staff ci accoglie in una vasta radura di sterpaglie. Scendiamo dal pallone quasi sgonfio uno ad uno, sconvolti dalle emozioni del volo. Mi allontano con passi leggeri volgendo lo sguardo alle mongolfiere ancora alte nel cielo, nel ricordo di altre prospettive che arricchiscono il senso del viaggio e a quei battiti.
Alessandra Mannarella