Gianpiero Grossi

Gianpiero GrossiGianpiero Grossi nasce a Terracina, in provincia di Latina, nel 1957. Sin da piccolo mostra un’intensa e acuta propensione per il disegno. È un bambino con una corporatura minuta e un carattere piuttosto schivo e timido. Preferisce trascorrere il tempo in contemplazione e introspezione piuttosto che dedicarsi ai giochi con gli altri coetanei. La sua naturale inclinazione all’arte, riconosciuta anche dalle insegnanti, lo porta a frequentare il liceo artistico di Latina per poi proseguire gli studi iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, con specializzazione in scenografia.
Risale al 1973 la sua prima mostra personale seguita da altre mostre collettive ed estemporanee. Nel 1975 partecipa a uno stage di scenografia, conclusosi con la messa in scena di un’opera teatrale tenutasi al Teatro Argentina di Roma. Nei tre anni successivi partecipa a un concorso internazionale di acquarello in cui sono state scelte e segnalate diverse sue opere. Sempre negli stessi anni collabora con una compagnia teatrale di Latina come attore e scenografo. È a partire dal 1978 che per Grossi inizia quello che lui stesso definisce «un periodo buio», segnato dall’esperienza della tossicodipendenza. L’uso cronico e la dipendenza, in particolare dall’eroina, lo porta a un totale stato di prostrazione fisica, mentale e spirituale. Tale periodo è segnato da un intenso e smodato desiderio di esagerare, correre rischi senza pensare alle conseguenze, alternato a sentimenti di vuoto interiore che sfociano in pensieri suicidari. Questo malessere interiore si evidenzia anche nelle opere che realizza in tale periodo, fatte di immagini oniriche e metafisiche con tinte grigie e tetre che riflettono il suo stato emotivo. Opere che ritraggono manichini senza nessuna espressione facciale, senz’anima, intrappolati in delle gabbie.
È nel 1982 che però avviene l’incontro con Cristo, che stravolge completamente la sua vita determinando una conversione che lo porta a trasformarsi radicalmente in un’altra persona. È questo incontro che cambia la sua prospettiva di vita, il suo scopo e la sua essenza, in cui ogni cosa viene rivolta a Dio, in primis la sua arte. Le opere di questo periodo ritraggono perfettamente il cambiamento interiore e la tavolozza di colori si riempie di gialli, arancioni, rossi. Colori caldi e luminosi che denotano quanto la gioia di tale incontro possa figurare anche nelle sue opere, così come gli azzurri possono mostrare, invece, un’irremovibile pace interiore. Il vero successo come artista non è più basato sul vendere le proprie opere o ricevere delle buone critiche, ma mettere il proprio talento al servizio degli altri.
Da allora fino al 1999 presta servizio come volontario presso una comunità cristiana per il recupero di tossicodipendenti, per aiutare altri giovani che, come lui, erano imprigionati nel tunnel della droga, proponendo come sola e unica cura Cristo. Dal 1999 al 2004 lavora come operaio presso una ditta che si occupa di scavi archeologici e restauro. È proprio a contatto con reperti archeologici e oggetti antichi che apprezza sempre più questo mondo. Non a caso, proprio in quegli anni apprende la tecnica dell’affresco a secco. Il perfezionamento di tale tecnica culmina nella mostra personale del 2009 in collaborazione con Compassion, una Onlus che si occupa di sostegno e adozione a distanza, seguita nel triennio successivo da mostre collettive a Priverno, Fondi e Terracina.
L’artista è fermamente convinto che il proprio talento non sia nient’altro che un dono elargito da Dio per rendere manifesta la Sua bellezza, da utilizzare come fonte di ispirazione e riflessione, non solo, ma anche per dare voce a chi non ne ha, come gli orfani e i poveri. Lui stesso definisce lo scopo della propria arte un «rendere visibile non la propria persona, ma Cristo in essa».

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