Elogio dell’on the road: direzione nord-sud
Utrecht, Zurigo, Firenze, Catania: viaggio attraverso l’Europa alla ricerca del tempo perduto. (Foto 1, 3: © Silvana Calcagno; foto 2: © Aldo Busacca; foto 5: © Angela Catania)
Il mondo d’oggi è velocità, frenesia, corsa contro il tempo. Ogni tanto, invece, il tempo bisognerebbe goderselo, assaporarlo. Il tempo avrebbe bisogno di più “spazio” per pensare, riflettere, viaggiare. È quello che abbiamo cercato di fare con un gruppo di amici.
Il nostro sogno alla ricerca del “tempo perduto” lo abbiamo materializzato in un pulmino Volkswagen del ’78, blu cobalto, un po’ arrugginito, ma con un motore rampante (in grado di raggiungere i 100 km/h prima di fondere), comprato da un tedesco, che a sua volta lo aveva comprato da una coppia di svedesi giramondo. Un’impresa folle per qualcuno, ma realizzare i propri sogni ha sempre un prezzo, materiale e “spirituale”.
Partiamo perciò — comodamente in aereo — dall’assolata Sicilia per raggiungere i freddi lidi olandesi, dove uno dei “compagni di viaggio” sta custodendo il pulmino in attesa del nostro arrivo. Prima ancora, però, di cominciare l’esperienza on the road, facciamo conoscenza con “Monsieur Imprevisto”, compagno fedele dei giorni successivi. Appena sfiorato il suolo olandese con la punta di un piede, infatti, il telefono squilla e scopriamo che l’amato pulmino improvvisamente non parte più.
Lo scoraggiamento in queste occasioni è d’obbligo: il nostro destriero ci ha già abbandonato? In ogni caso decidiamo di farlo riposare per quella sera e ci dedichiamo alla visita di Utrecht, prima tappa della nostra avventura. Utrecht è una città di ciottoli, biciclette e acqua, ma soprattutto una città di giovani. Vera e propria capitale dell’Erasmus, pullula di studenti alle prese con i libri di giorno e con pub e birrerie la notte. Divertimento a parte, la sera, però, sulla città grava un’atmosfera quasi sinistra, quasi “gotica”, su cui svetta silenziosa la torre del Duomo. Sarà per via delle luci calde, ma fioche, o delle case che si riflettono sui canali. L’indomani, armati di buona speranza, proviamo ad accendere il pulmino che al terzo tentativo, per fortuna, riparte. Eccoci on the road, finalmente. Padroni di decidere dove andare e dove fermarci, senza tour guidati che ci costringano in programmi convulsi. L’on the road è dare importanza più che alla meta, al viaggio in sé. Noi però una seconda meta l’abbiamo: Zurigo. Il nostro è, infatti, un “tour dell’amicizia”. Questo perché la fuga dei cervelli non è solo una storiella che si racconta ai bambini per farli studiare di più. È la realtà e di amici “emigrati” ne abbiamo parecchi.
Nel bel mezzo del tragitto Olanda-Svizzera si rifà vivo “Monsieur Imprevisto”. Alla prima sosta per dare la “pappa” al pulmino, quello non gradisce e si ferma, di nuovo. Ormai siamo nel bel mezzo dell’Europa e non ci resta che piangere. O meglio spingere! La partenza a strappo, con il coinvolgimento di prestanti collaboratori teutonici e poi elvetici, da quel momento rimane l’unica soluzione all’inghippo.
Fedeli al proverbio «chi va piano va sano e va lontano», arriviamo a Zurigo dopo tredici ore, ma non ci precludiamo un giro in una delle città più chic del mondo. Eleganza è la parola d’ordine quando si cammina per le strade della città. Peccato che uno dei nostri compagni di viaggio sia uscito, per la foga, in infradito e calzettoni. Banche, gioiellerie, boutique da capogiro: Zurigo è moda, ma anche romanticismo. A regalare un’atmosfera magica sono i giochi d’acqua delle fontane e l’effetto chiaroscuro delle luci soffuse sui ponti. Ma Zurigo è anche storia con il Grossmünster e il Fraumünster, le due chiese più antiche della città, che si affacciano sul fiume che attraversa il centro. Zurigo è questo e molto altro.
Il giorno dopo, rinfrancati nello spirito, ma non nel corpo, riprendiamo il viaggio con destinazione Firenze. Zurigo ci saluta con una fabbrica della Lindt dolcemente illuminata dalle luci del mattino: chissà se quell’enorme coniglio all’ingresso si può mordere?
La vista delle Alpi è mozzafiato e prelude allo stupore, di altro tipo, che ci riserva Firenze. La “sindrome di Stendhal”, infatti, mi ha colpito davvero quando ho intravisto il Battistero e poi, una volta a Piazza San Giovanni, l’enorme mole del Duomo, fiancheggiato dal Campanile di Giotto: Qui, nella città, culla dell’arte e della letteratura italiana si respira “aria di cultura” in ogni angolo, anche nei negozi o nelle bottegucce che donano persino allo shopping un’aria bohemien.
La strada verso casa è lunga e la quarta tappa prevista sarebbe stata Roma. Stavolta però l’Imprevisto l’ha fatta grossa: la chiave del nostro amico a quattro ruote si rompe. Quindi “Roma, alla prossima”, la notte si passa in un albergo a Montepulciano.
L’ultimo giorno del nostro viaggio con destinazione finale Catania, è un potpourri di riflessioni, confessioni, commenti e impressioni: ci siamo scoperti e rafforzati. Di fronte alle avversità, il nostro legame si è rinsaldato e il nostro pulmino ora ha un nome, “Ronzinante”, come il destriero sgangherato, ma fedele del sognatore Don Chisciotte.
Silvana Calcagno