Conversando sul filo della memoria, Anna Maria Ortese in “Corpo celeste”

Anna Maria Ortese, in “Corpo celeste”, scrive una miscellanea di ricordi e riflessioni sulla vita e sul mestiere di scrivere, rimarcando la necessità di esprimere il proprio pensiero, la propria visione delle cose, più che seguire le leggi di un mercato che, sovente, mortifica un più ampio respiro.

Anna Maria Ortese, Corpo celeste

“Corpo Celeste” (Adelphi, 1996) è l’ultima pubblicazione di Anna Maria Ortese e raccoglie due memorie e tre interviste scritte nel periodo compreso tra il 1974 e il 1989. Dopo una breve introduzione dell’autrice stessa che racconta “la storia di un piccolo libro”, Anna Maria Ortese, con un tono quasi intimistico, dipana il suo pensiero sulla sua istintiva passione per l’arte di scrivere e sui fatti del mondo. Scrittrice autodidatta, poco compresa forse perché non chiaramente collocabile rispetto allo stile e la poetica, l’Ortese rivela, attraverso queste ultime pagine, un animo incantato di fanciullo che guarda al mondo fra un misto di stupore e di doloroso straniamento. La vita che Anna Maria Ortese coglie è ostile nel suo misto di superficialità, di dolore inflitto e di dure leggi di mercato dove tutto ha un prezzo e un cartellino, ma il suo pensiero non è solo riflessione teorica rispetto a quel che vede e la circonda, ma anche vissuto diretto e bruciante sulla sua stessa pelle. Sono note le difficoltà e le ristrettezze che la scrittrice ha incontrato nella sua vita senza tuttavia perdere quel fuoco interiore che, nonostante gli scarsissimi studi, la spingeva a scrivere per necessità di esprimersi e, forse, per superare un poco quel male di vivere che la sua natura troppo sensibile avvertiva costantemente. Perché Anna Maria Ortese in “Corpo celeste” dice: «Scrivere è cercare la calma e qualche volta trovarla … è tornare a casa», e ancora, rilevando l’importanza di scrivere per esprimere davvero il proprio pensiero e avere perciò “il respiro della libertà”, rimarca che «… chi scrive solo per sé rientra a casa, sta bene … chi scrive solo su comando, per ragioni pratiche, è sempre fuori casa, anche se ne ha molte… è un povero e rende la vita più povera».Nelle interviste resta costante il messaggio di serenità e di amore per quel respiro più ampio che ogni uomo dovrebbe poter vivere. Perché la terra su cui noi viviamo è davvero un “Corpo Celeste”, un sovramondo che ci fa appartenere a una dimensione di valori più alti e incontaminati che vanno riaffermati; perché per Anna Maria Ortese in “Corpo celeste” una delle cose peggiori oltre la violenza, il mentire, il tradire è: «… il corrompere, il far morire la fiducia e la speranza. Questo, oggi, si fa con i giovanissimi, con i bambini stessi … a quaranta, cinquant’anni … nessuno ricorda se stesso, da bambino o da ragazzo e cosa si aspettava, a buon diritto, dalla vita: indicazioni, aiuto, serenità, bontà, il senso delle finestre che si aprono su un’alba di maggio …». In sostanza è questo il messaggio che sottende il libro: se la vita è ingiusta, bisogna superare questo senso di orrore per ricostruire e riappropriarsi del senso della sacralità di una vita che possa chiamarsi davvero umana. Un messaggio che ci dice che quello che conta è: «…crescere sempre, davvero, anche da vecchi…», perché, osserva ancora la scrittrice, «Vivere è … crescere. Sento che occorre un mutamento nel paesaggio. Sento che è fondamentale un mutamento nel cuore».

Emanuela Carbonelli

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