Allarme-clima: gas serra a +29% dal 1990 al 2010

I dati diffusi a Ginevra dall’OMM. Cause e rimedi. Da Kyoto a Durban: governi divisi, misure inadeguate. Ambientalisti e “negazionisti”. Il gioco delle lobby.

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale lancia l’allarme: la concentrazione dei gas serra è cresciuta del 29% dal 1990 al 2010 e dell’1,4% dal 1999. E se anche fin da ora cessassero le emissioni, la concentrazione rimarrebbe invariata per decenni, continuando ad influenzare il clima e gli equilibri di vita. Non solo inondazioni e cataclismi, bensì riflessi sull’agricoltura, sul cibo e l’acqua; sempre più massicce migrazioni tra le popolazioni, peggioramento di fenomeni quali fame, sete, malattia.
Uno scenario tutt’altro che roseo. E l’operato dei governi è parso (salvo eccezioni) del tutto inadeguato. L’interesse particolare ha caratterizzato (e ipotecato negativamente) le diverse conferenze mondiali (da Kyoto, nel 1997, a quella in corso a Durban), e gli altri appuntamenti sul clima. Basti ricordare che il Protocollo di Kyoto, considerato il maggior risultato fin qui conseguito, non fu siglato da USA, Cina e Arabia Saudita.
Ma, nonostante tutto, progressi se ne sono fatti. Singoli Stati, o intere aree geopolitiche (a cominciare dall’Unione Europea), hanno individuato direttrici finalizzate alla riduzione dei gas serra. L’obiettivo è quello di contenere entro i due gradi l’aumento della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali. Per conseguirlo, si punta ad una riconversione della produzione industriale ed agricola; all’individuazione di fonti energetiche non inquinanti, abbandonando carbone e metano; ad invertire il processo di deforestazione; infine, al cambiamento dei comportamenti individuali.

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A ciò vanno aggiunti due strumenti concreti. Il primo è rappresentato dalla leva fiscale (chi inquina paga più tasse, utilizzata con successo dalla Danimarca, Paese in prima linea nella lotta all’inquinamento da gas serra). Il secondo è il cosiddetto “Fondo verde”, previsto già a Kyoto, a sostegno dei Paesi in via di sviluppo che si indirizzano verso una crescita ecologicamente sostenibile.
Purtroppo, anche in questo caso, c’è chi “rema contro”. Lo denuncia recentemente “Greenpeace” nel suo rapporto, intitolato appunto “Who’s holding us back?”, sulle attività della “lobby degli inquinatori” (con tanto di nomi). A questa va aggiunta la pattuglia di scienziati “negazionisti”, che esclude che il “global warming” dipenda dall’uomo.
Infine, sullo sfondo, la crisi economica globale, che divora risorse e rende più difficile reperirne per la tutela dell’ambiente.
Con tali premesse, dalla 17a Conferenza mondiale di Durban (COP17), iniziata il 28 novembre scorso, non c’è da aspettarsi grandi svolte positive. Composta da circa 1500 delegati tra Stati, organismi istituzionali e ONG, la conferenza è iniziata… dalla “fine”, stabilendo che la prossima edizione si svolgerà in Qatar.
Intanto, fuori dal “palazzo”, sono iniziate le manifestazioni di “Occupy COP17”.

Stefano Tozzi

Foto: http://www.flickr.com/photos/rizzato/2731049453

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