Ålesund, perla Liberty norvegese

A nord dei principali fiordi norvegesi, dove la costa è frastagliata e la terra si disperde tra mille isolotti, si affaccia sul freddo Mare di Norvegia un inaspettato gioiello dell’Art Nouveau. (Foto: © Francesca Desiderio)

Vista di Ålesund

Ålesund, porticciolo a nord della regione dei fiordi, mi accoglie male. Le strade centrali della cittadina abbondano di sensi vietati e parcheggi per soli residenti, piove e soffia un vento freddo dal mare. Il grigiore mi vela gli occhi e offusca la bellezza della cittadina. Mi avevano anticipato la particolarità di Ålesund, ma lo Jugendstil che ne caratterizza le architetture mi appare essenziale sino all’inesistenza.
Lungo la Apotekergata spicca come un fiore all’occhiello lo Jugendstil Senteret, il museo dedicato all’Art Nouveau di Ålesund, nell’edificio della vecchia farmacia (Apothek).

Oggetti in stile Liberty

La palazzina in stile Liberty si lascia scrutare e mi calamita a sé; così scopro che è sopravvissuto all’incendio del 1904, con le sue stanze e il suo arredo originari, prezioso lascito di gloriosi anni per la società europea. I banconi dell’ingresso in legno decorato, le nicchie sulle pareti che espongono albarelli e piatti decorati, la sala da pranzo con il suo tavolo approntato alla borghese cena di inizio Novecento, il profumo di caldo legno dalle forme vegetali… come dentro a una potente macchina del tempo, vengo proiettata cent’anni addietro. Vetrine contenenti oggetti di uso quotidiano, ceramiche dagli smalti brillanti, vetri colorati alla Gallé, soprammobili e piatti con motivi floreali illudono la mia cognizione del presente e mi aggiro appagata, il pavimento in legno scricchiolante sotto i miei passi, osservando pareti dai decori orientali, schienali di sedie e poltrone dal design curvilineo. Un filmato sulla storia della città e dell’Art Nouveau in Europa definisce meglio i contorni di quel passato, sollecita la mia volontà di stabilire un contatto con una realtà perduta.

Facciata di edificio

Appena un secolo, appena poche generazioni mi separano da tutto quel fermento culturale. Dov’è finito? Con quale armonia tutto è stato costruito per poi crollare rapidamente sotto i colpi di un secolo bellicoso… C’erano germi di me in quei volti ripresi cent’anni fa, germi del mio presente, i miei avi, tutto così moderno, così fiducioso…
La città ricostruita in Jugendstil dopo l’incendio di inizio Novecento, sulla scia del gusto imperante in tutta Europa, si svela finalmente ai miei occhi. Lascio il centro e ho l’epifania  di tanta arte lungo le strade principali. Sulle facciate dei palazzi i miei occhi scorgono adesso i dettagli dell’Art Nouveau scandinava: fregi, stucchi dalle forme e linee curve, a imitare una vegetazione che proprio lì, nel Nord Europa, stenta a mostrarsi.
Insiste la pioggia, delicata ma fitta, mentre cammino lungo le tranquille vie del centro su cui si affacciano i deliziosi palazzi. L’uno diverso dall’altro, decorati attorno alle finestre e sui frontoni. Intonaci o soltanto dettagli dai colori vivaci, ornamenti giocosi che il gusto odierno disprezzerebbe fanno apparire la città come una vetrina a uso e consumo del turista che passa; eppure questa era la vita cent’anni fa, l’apice della fiducia nel progresso, di un benessere generale. Abbasso lo sguardo e ritrovo la Ålesund di oggi, nei negozi e nei ristoranti moderni.

Facciata di alcuni edifici

La Kirkegata, strada lastricata dal gusto novecentesco, mi riserva un’ultima sorpresa: la Kirke, la chiesa parrocchiale della città, dalla facciata in pietra massiccia e l’aspetto romanico, sebbene anch’essa riedificata dopo l’incendio. Gli esterni in fredda pietra e le finestre come bifore emulano un passato medioevale, non tradito dagli interni sobri. All’interno, un’unica navata illuminata da altre e strette vetrate; l’altare maggiore da un lato, un pulpito per l’organo dall’altro.

Kirke

Una sobrietà nordica unita, però, a tanto calore. Sarà per il riscaldamento, per la presenza di tanto legno, tra panche e soffitto, o solo per gli sguardi sorridenti dei presenti, devo spogliarmi per prendere fiato. Mi commuove la calda accoglienza che mi riserva il pastore della chiesa, omone dall’aspetto massiccio in vena di chiacchierare di musica lirica e raccontare la storia della chiesa di cui è custode.
L’enorme affresco sulle pareti attorno all’altare, in apparenza non riconducibile ad alcuno stile e dall’aspetto moderno, è opera di Enevold Thømt, stesso autore delle vetrate. Quelle del timpano sono un regalo dell’imperatore Guglielmo II, nel 1909. Mi sento navigare tra gli abbondanti motivi marittimi; barche e mare sui vetri, un piccolo modellino di una nave dondola dal soffitto. Come un buon auspicio per la ricerca della spiritualità. Ma al largo, lontano dalle terre plasmate dagli uomini.
Oggi si celebra un matrimonio; un gruppo di giovani musicisti intona una piacevole canzone e mi regala l’emozione di un abbraccio musicale. Ringrazio e saluto questa calda semplicità. Fuori, piove e soffia il vento.

Francesca Desiderio

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