AIDS: aspettando l’antidoto

I risultati del nuovo report UNAIDS: meno morti per virus Hiv nelle aree storicamente più colpite. Un successo raggiunto grazie al maggior accesso alla terapia antiretrovirale, ma anche ad una più diffusa sensibilizzazione al rischio da parte delle nuove generazioni.

Se c’è un anno che ha segnato una svolta nella lotta all’Aids – la sindrome da immunodeficienza causata dal virus Hiv – questo è, con ogni probabilità, il 2011.
Il report dell’UNAIDS (il programma delle nazioni Unite per l’Aids), pubblicato lo scorso 21 novembre sullo stato di diffusione e il trattamento di quella che è stata definita la malattia del secolo XX e che colpisce attualmente 34 milioni di persone nel mondo, attesta che i decessi correlati al morbo sono diminuiti del 21% dal 2005. Il dato significativo è che chi convive con l’Aids conclamato ha oggi una speranza di sopravvivenza maggiore rispetto agli anni precedenti, grazie agli effetti salvavita della terapia antiretrovirale. In attesa di un vaccino che non è stato ancora messo a punto, la terapia antiretrovirale è un ‘cocktail’ di farmaci che, congiuntamente alle cure di prevenzione delle infezioni che insorgono per la maggior vulnerabilità dei soggetti colpiti da Aids, hanno attenuato i sintomi, allungato la vita dei pazienti e migliorato la qualità della stessa. Tuttavia, avverte l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il‘cocktail’ può avere seri effetti collaterali, che gli studiosi stanno cercando di ridurre.

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C’è, poi, un aspetto economico non trascurabile: il mix di farmaci antiretrovirali è piuttosto costoso e questo ne limita l’accessibilità soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. E qui risulta determinante l’intervento dell’Onu: «L’obiettivo di conseguire l’accesso universale alla prevenzione, al trattamento, alla cura e al supporto da qui al 2015 richiede il finanziamento di 22-24 miliardi di dollari, in linea col target  2011 della Dichiarazione delle Nazioni Unite su Hiv/Aids», si legge nel citato report.
Il raggiungimento di tale risultato dipenderà anche dalla costanza con cui i governi nazionali rispetteranno il compromesso di una maggior inversione economica che garantisca su larga scala l’accesso al trattamento antiretrovirale.
Risultati incoraggianti, in questa direzione, arrivano soprattutto dai Paesi dell’Africa Sub-sahariana e dei Caraibi, due delle aree storicamente più colpite dal virus, che hanno registrato un decremento del 25% circa dei contagi e una più lunga speranza di vita per chi ha già contratto il virus.
Fattore determinante del successo? Indubbiamente una strategia di doppio-intervento: uno dall’alto, con un maggior impegno assunto dai governi nel fornire le cure necessarie alla popolazione affetta da Hiv; l’altro da iniziative locali di sensibilizzazione ai cittadini, che hanno portato, specie le nuove generazioni, ad una maggior consapevolezza dei rischi e al mutamento dei comportamenti sessuali.
Segno che, anche in questo campo, la prevenzione è la miglior cura.

Giulia Giudici

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