Tutti dicono WOU AI NEE

Nelle università italiane è boom d’iscrizioni ai corsi di laurea in lingue orientali e in molti licei si sperimentano corsi di avvicinamento alla cultura cinese. Perché il futuro ha gli occhi a mandorla.

Quando si gireranno le scene per il sequel di un noto film di Woody Allen, sicuramente il titolo non riprenderà più l’universale frase I love you, compresa oggi in tutte le parti del mondo. Ricerche e studi, infatti, hanno evidenziato che, entro il 2050, l’idioma che più si parlerà sarà il mandarino. Ebbene la lingua dell’impero del sole – unica cosa ancora non trasbordata dalla muraglia – sostituirà la diffusa lingua inglese che ha dominato per tutto il XX secolo. Forse non si dovrebbe pensare a quest’invasione come qualcosa d’inatteso; ogni giorno portiamo a spasso o possediamo un prodotto, anche se pur piccolo, che viene dalla Cina. Per non parlare del numero crescente di cinesi che, a fronte di un’obsoleta legge sul controllo delle nascite, sembra moltiplicarsi in tutte le parti del mondo come le monete di zio Paperone. La diffusione di una lingua non è altro che l’espansione di un modello economico-sociale che vince; così è stato nel passato, con l’impero inglese prima e l’America poi, così è oggi con la Cina, capolista di una rivoluzione culturale che coinvolge tutto il nostro pianeta (anche se non legittimata ufficialmente dal potere politico).

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Effetto della lingua del futuro è l’aumento degli istituti accreditati per la diffusione della stessa o esperimenti più elementari per un approccio alla cultura e alla lingua cinese. In misura esponenziale aumentano i corsi di studio di lingue orientali e, ormai, è sempre più evidente che, per essere competitivi sul mondo del lavoro, bisogna conoscere il mandarino (la conoscenza dell’inglese è data per scontata). Si può già parlare della vecchia America, soprattutto quando negli States tutti avvertono la percezione che il baricentro mondiale dell’economia si stia spostando verso quell’oriente che per molto tempo sembra aver aspettato dietro la porta. Cinese, ma anche indiano, arabo. Queste le lingue del futuro, che oggi fanno concorrenza ai corsi di laurea canonici, come inglese e francese. Lingue di popolazioni che hanno conosciuto, fino a pochi decenni fa, colonialismi di ogni stampo e adesso battono quelle burocrazie con l’arma migliore: la ricerca nelle nuove tecnologie. Non si apre adesso una gara a chi salverà l’economia mondiale o rappresenterà un modello da copiare per rialzare la testa, ma sicuramente in un mondo dove stanno crollando tutte le barriere, grazie soprattutto al web, è importante che ognuno di noi abbia la percezione della realtà che cambia, con gli strumenti che il momento impone e tra i quali si annoverano le lingue. Pertanto, sebbene possa apparire difficile apprendere un sistema linguistico concepito diversamente dal nostro, il futuro premierà chi è riuscito ad andare oltre quegli strani segni, gli ideogrammi, oggi tanto in voga su lembi di pelle più o meno estesi, e nelle nostre librerie non sarà cosa rara trovare di taglio volumi dai titoli sempre meno improbabili.

Antonella Molinaro

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