Sulle tracce di S. Francesco
Le splendide maestranze della basilica del Santo
La piccola cittadina di Assisi, arroccata sui contrafforti del monte Subasio, ancora oggi è difesa da possenti mura medioevali, all’interno delle quali architetti, muratori ed abili scalpellini hanno lavorato per donarle un aspetto maestoso ed incomparabile: il Medioevo qui regna sovrano. Ad Assisi però le pietre, le strade, le chiese parlano di S.Francesco. Egli nacque nel lontano 1181 da ser Pietro, ricco commerciante di stoffe, e da donna Pica, nobil donna umbra. Studiò il latino, il volgare, la musica e la poesia; parlava anche il francese e il provenzale. Da giovane lavorò per anni presso la bottega del padre, ma a causa della sua passione cavalleresca fu anche coinvolto in alcune battaglie tra fazioni, come quella tra Perugia ed Assisi, durante la quale fu fatto prigioniero per più di un anno. Da tale esperienza ne uscì fortemente provato sia nel corpo che nello spirito a tal punto da decidere di abbandonare la carriera militare a favore di una vita più semplice e meno materiale. Nel 1205 vi fu la sua conversione: abbandonò le ricchezze del padre per abbracciare la povertà più assoluta.
Si spostò a vivere su di una collina, tra i resti della basilica di S. Damiano il cui crocifisso ligneo accompagnò per sempre la sua vita ascetica. Nel 1223 Papa Onorio III approvò la sua regola e da allora la sua fama e la sua parola arrivarono ovunque. Francesco morì nel 1226 lasciando in eredità una grane ricchezza di spirito. Dopo soli due anni dalla sua morte cominciarono i lavori per la costruzione della basilica a lui dedicata. Il luogo che veniva chiamato “Colle dell’inferno”, per via delle numerose pene capitali inflitte contro i malfattori, prese il nome di “Colle del Paradiso” poiché avrebbe custodito nei secoli i resti mortali di San Francesco.
Non si sa con precisione chi fu l’architetto della basilica; probabilmente il Ministro Generale dell’Ordine Frate Elia di Bombarone. L’energia di quest’ultimo, l’entusiasmo delle maestranze e la partecipazione attiva del popolo assisiano, resero possibile il completamento della chiesa inferiore in soli due anni. Infatti, il 25 maggio 1230, dalla Chiesa di S. Giorgio, provvisoria sepoltura, fu traslata la salma del Santo nella nuova basilica. La pietra bianco-rosato del Subasio con cui è stata costruita la chiesa crea un effetto cromatico particolare e di notevole valore pittorico. La pianta della Chiesa è a doppio “T” (il “Tau”, così caro a Francesco perché simboleggia la Croce).
All’interno della Basilica esiste un vero e proprio tesoro rappresentato dalle numerose testimonianze artistiche che pittori di interesse mondiale hanno realizzato nelle due chiese. Cimabue è presente dal 1277; le sue opere sono nell’abside, nella volta ed in altre parti della basilica superiore, mentre in quella inferiore la sua mano è testimoniata da una pregevole Madonna col Bambino. Giotto operò qui tra la fine del Duecento e i primi trenta anni del secolo successivo portando a termine le bellissime e famose vent’otto tavole dell’edificio superiore (sulla base della Leggenda di San Bonaventura) ed altri particolari in quella inferiore, come la cappella della Maddalena. Simone Martini lavorò tra il 1318 e il 1339 nella Cappella di San Martino nella parte destra del transetto della chiesa inferiore, mentre quella sinistra venne affrescata da Pietro Lorenzetti nella prima metà del Trecento. Naturalmente tutti questi maestri furono coadiuvati nell’esecuzione dai propri discepoli. Inoltre molti altri artisti minori operarono in varie epoche per l’arricchimento del tempio. All’interno della basilica ho trovato l’ispirazione. Ho avvertito un senso di serenità nella mente e nello spirito. Mentre i miei occhi erano impegnati a deliziarsi con gli affreschi, il cuore gioiva per l’amore di Dio e per l’abbraccio di S. Francesco che quasi acquista realtà, innalzandoci come figli verso il nostro Padre.
Stefania Castiglione