Pellegrini per un giorno
A piedi verso il santuario
Torre di Ruggiero si apre dinnanzi al visitatore come un piccolo agglomerato di case adagiato su una verdeggiante collina che, in certi punti, superando i settecento metri, diventa montagna. Fin dalla mattina, persino dalla notte, numerose persone si incamminano a piedi per raggiungere il santuario che sorge poco fuori l’abitato. Donne, uomini, anziani e soprattutto molti giovani. Avranno tra i quindici e i venticinque anni, ma sembrano tutti molto entusiasti all’idea di compiere quell’antico rito. Il pellegrinaggio, infatti, è un uso che risale ai tempi delle crociate, dopo delle quali si iniziò a recarsi in Terra Santa per visitare i luoghi della vita di Cristo.
La strada è comoda e totalmente circondata da noccioli che conferiscono al luogo il tipico aspetto di montagna. Dopo qualche curva, inerpicandomi lungo la strada che sale verso il paese, scorgo una chiesetta dalle dimensioni piuttosto modeste. Si tratta del santuario dedicato alla Vergine delle Grazie, venerata in questa località sin dalla sua prima apparizione nel lontano 1677. É passata da poco l’alba e i pellegrini camminano rapidamente per raggiungere il prima possibile la chiesa e partecipare ad una delle prime messe della giornata. Questi giorni, dal sei al nove settembre, il paese ricorda quelle apparizioni celebrando una grande festa. Il passo svelto e rapido diventa poi più lento e dolce proprio per la presenza di numerosissime bancarelle che affollano le strade che conducono al santuario. I commercianti, accorsi per la grande quantità di pellegrini, rendono il clima molto più allegro, ma certamente intaccano il vero senso di questi giorni.
Ogni pellegrino, cercando di ignorare il più possibile la merce esposta, si dirige dritto verso il santuario, ripromettendosi comunque ti dedicarsi alle compere in seguito. La chiesa è veramente piccola come sembrava, qualcuno l’ ha persino paragonata ad una bomboniera. L’interno è ricchissimo di decorazioni, stucchi, affreschi e vetrate. Ogni angolo diventa grande offerta, ricco dono di abili mani di artista.
I pellegrini si segnano, accennano un inchino, attraversano lo stretto passaggio formato tra le due fila di panche e giungono davanti alla statua della Madonna. La bellezza della raffigurazione incide notevolmente. I suoi occhi seri, lo sguardo penetrante, la leggera inclinazione del suo volto. La fattura è napoletana. Una breve preghiera, poi qualche pensiero ai familiari, agli amici. Magari le speranze di una madre per la propria figlia, quelle di una nonna per i suoi nipoti, o persino le richieste di qualcuno per il mondo intero. Tante sono le voci, le flebili ipotesi innalzate con sguardo accorato.
Uscendo dalla chiesa si nota come tutto sembrasse diverso dal suo interno: il silenzio, la compostezza, la venerazione. Fuori, invece, la gente parla, scherza, si diverte. Spesso molti si chiedono il senso di queste grandi feste, e cioè se veramente la gente vi si rechi per fede o solo per abitudine. La risposta è veramente difficile da trovare, forse impossibile.
Alla fine della giornata, ogni pellegrino ritorna indietro, per lasciare quel luogo e fare rientro nella propria casa. Chi lo fa ripercorrendo qualche chilometro a piedi, chi invece comodamente in auto.
I colori e i suoni di questa festa sono tanti e cangianti. Ogni angolo, apparentemente sempre uguale e non mutevole, sembra nascondere, visto con più attenzione, un particolare, un soffio diverso. Sotto la chiesa, in una piccola nicchia, scorre lenta e rumorosa una polla d’acqua che, secondo al tradizione, scaturì miracolosamente dal terreno, guarendo gli arti ammalati di un contadino del luogo. E’ormai scesa la sera. Le rumorose bancarelle ed i commercianti hanno lasciato spazio al buio che porta con sé un silenzio delicato, molto più suggestivo di ogni suono e melodia. Solo il vento lo interrompe.
Marco Papasidero