Mens sana in…rebus. Allenare il cervello contro l’Alzheimer

L’Archive of Neurology ha riportato alla luce i risultati di una ricerca europea, coordinata dal San Raffaele di Milano, secondo la quale sarebbe possibile contrastare l’insorgere del morbo di Alzheimer tenendo la mente “in allenamento”. (Foto: Flickr cc orsorama)

Nel 2008 si è svolto uno studio europeo sull’Alzheimer che ha coinvolto diversi centri di ricerca, coordinati dai ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele e dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele. I risultati sono così interessanti da trovare nuovamente spazio nelle recenti pubblicazioni dell’Archive of Neurology. Gli esperimenti hanno dimostrato quanto sia importante mantenere il cervello in costante attività: l’allentamento della mente protegge dal morbo e rallenta l’insorgere dei sintomi dell’Alzheimer.
La ricerca, che ha avuto una durata di 14 mesi, ha coinvolto 300 malati di Alzheimer e 100 anziani con lievi disturbi della memoria. I partecipanti avevano livelli di istruzione differenti e facevano lavori diversi. Da questi studi è risultato che chi aveva un grado di istruzione più alto, o svolgeva un’attività intellettualmente più impegnativa, mostrava i sintomi della malattia più tardi rispetto a casalinghe o disoccupati e riusciva, ad esempio, a ricordare meglio degli altri il nome di un oggetto.
La malattia, descritta per la prima volta nel 1906 dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer, viene catalogata tra le demenze senili. La patologia è caratterizzata da un graduale aumento, nel cervello, della proteina beta-amiloide che, depositandosi sulla membrana dei neuroni ed innescando un’infiammazione, danneggia le cellule neuronali e le loro connessioni. Quando cessa la comunicazione tra neuroni, diminuiscono le facoltà intellettive a questi legati.
Un cervello allenato, oltre ad avere un minor numero di proteine amiloidi, sviluppa più sinapsi (connessioni tra neuroni) che servono come preziosa “scorta” per sostituire le connessioni danneggiate dall’aggressione della malattia. Questo “cervello di scorta” è stato chiamato dai medici “riserva funzionale” ed è stato scoperto attraverso la tomografia ad azione di positroni (Pet).
Come si può creare la “riserva fuzionale”?
La neurologa Daniela Peirani, coordinatrice dello sudio, afferma: «Per ritardare l’esordio della malattia dobbiamo impegnarci a combattere l’analfabetismo, trovare i mezzi per favorire la lettura e stimolare le attività intellettuali nella popolazione e non solo in quella anziana».
Sarebbe quindi meglio privilegiare la lettura rispetto ad attività più passive e meno stimolanti come il guardare la televisione. Oltre alla lettura sono ultili, e magari più divertenti, giochi come rebus, cruciverba e sudoku che costringono la mente a “lavorare”. Se invece si vogliono stimolare i più giovani a fare “palestra mentale” ma non si riesce a distoglierli dal pc o dalla console, non bisogna disperare: in commercio esistono molti videogames che propongono avventure in cui risolvere enigmi e rompicapo.

Stefania Zabrak

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