Le stazioni del vento: storia di una donna che riprende ad amare
Il dolore, l’abbandono, la sofferenza, la riscoperta delle proprie radici, il bisogno d’amore e d’amare, oltre che il desiderio di voltare pagina: è ciò che emerge dalle pagine di “Le stazioni del vento”, romanzo di Nicoletta Vinciguerra, edito dalla casa editrice Kimerik.
Nicoletta Vinciguerra, Le stazioni del vento, Kimerik 2010Protagonista è Vittoria, dottoressa ultraquarantenne, divorziata, con due figli ormai grandi e studenti che vivono in un’altra città. Le stazioni del vento di Nicoletta Vinciguerra, edito da Kimerik, si apre con la notizia che il suo dentista e amante, Cristiano, si è sposato ed è in viaggio di nozze. Un amore intenso, il loro, ma colmo d’incomprensione e di dolore. Da qui ha inizio il travaglio interiore della protagonista che la porterà a riflettere su tutta la sua vita: dal matrimonio alla maternità, avvenuta quando era poco più che ventenne, fino alla carriera. L’abbandono della madre naturale, morta suicida, è la spinta che la porta alla ricerca di una prozia e all’incontro, durante una vacanza, ospite di una sua amica in Sicilia, con un nuovo amore, che all’inizio nasce solo come bisogno di riempire un vuoto, ma che poi si rivela talmente importante da farle decidere di voltare definitivamente pagina, cambiando addirittura città, proprio nel giorno in cui lui le telefona per dirle che è diventato padre. Narrato in prima persona, come monologo interiore, il racconto è arricchito da poesie, riprese da un vecchio quaderno della madre e da appunti scritti con un’amica, con cui si è divertita a giocare con le parole. Il romanzo, d’amore dunque, è scritto in maniera sciolta e moderna. Le frasi sono molto brevi e coincise. Vi è una ricerca di termini a effetto che svelano la cultura dell’autrice e l’uso di sinonimi per ribadire concetti della mente e del cuore. Riusciamo a seguire Vittoria come ascoltiamo un’amica parlare delle sue vicissitudini. Alla fine, speriamo che Vittoria trovi la sua felicità.
Monica Dichiara