Indignados: la protesta corre in rete e si fa globale

Nasce a Madrid, prosegue in Cile e sbarca poi anche in Israele e negli Stati Uniti. Ecco come il fenomeno “indignados” diventa globale. Merito del passaparola che viaggia tramite blog e social network.

Sono di tutte le età e appartengono a paesi diversi, protestano contro la precarietà e la disoccupazione, contro il potere della finanza e della politica. Sono gli indignados, un movimento sociale composto in generale da disoccupati, studenti, precari, casalinghe e immigrati che in breve tempo ha dato vita ad una larga mobilitazione di protesta pacifica di fronte alla grave situazione economica. Ispirati dalle proteste avvenute in Nord Africa e in Medio Oriente, i primi cortei sono iniziati in Spagna, il 15 maggio 2011 in occasione delle elezioni amministrative. Da quel momento, decine di proteste hanno scosso il mondo intero. Merito di internet, attraverso cui viaggia ancora la protesta e corre il passaparola e soprattutto dei social network, come Facebook e Twitter, dei blog e di YouTube che hanno permesso una rapida diffusione globale dei dissapori sociali nei confronti dell’attuale crisi economica. «Siamo il 99 per cento che combattono l’avidità dell’1 per cento che ha tutto», scrivono i blogger statunitensi del movimento “Occupy Wall Street” e lo ripetono anche oltre oceano gli studenti italiani, per non parlare dei giovani israeliani, scesi in piazza, contro “un sistema che non consente futuro”, in nome del cambiamento e di una maggior giustizia sociale. A Madrid migliaia di giovani hanno occupato per giorni Puerta del Sol. La protesta non ha risparmiato poi anche altre città spagnole, oltre che il Cile, dove i giovani sono scesi in strada per chiedere  più certezze per il futuro e l’America, dove da Wall Street è dilagata a macchia d’olio fino a coinvolgere altre città statunitensi.

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In favore del movimento è intervenuto anche il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama dicendo: «chi protesta dà voce alla frustrazione del Paese, per una crisi economica e occupazionale frutto della crisi finanziaria». In Cina, invece, si sono mobilitati gruppi di manifestanti, giovani ma anche anziani, marciando e cantando slogan come “Proletari uniti in tutto il mondo” e “morte al capitalismo”. In Italia, l’ultimo corteo pacifico degli indignados, svoltosi a  Roma il 15 ottobre scorso, ha rischiato di esser messo in cattiva luce dalla violenza di un gruppo di black bloc, individui anarchici dediti agli atti vandalici e a scontri con le forze dell’ordine, che hanno preso di mira, con sassi e spranghe, banche e istituti finanziari, incendiando anche un furgone della polizia che si trovava sul posto per vigilare eventuali disordini. Naturalmente niente di tutto ciò aveva a che fare con la protesta pacifica degli indignados italiani, che nonostante tutto, non sono disposti a farsi trascinare dall’ondata di violenza dei black bloc, né a passare in secondo piano rispetto a questa. Anzi, i cortei in Italia proseguono, ma pacificamente e a scendere in piazza sono anche ricercatori universitari, centri sociali, sindacati e gruppi di attivisti. Rimane solo da sperare che le proteste degli indignados di tutto il mondo non restino inascoltate, così come la crisi dei mercati non sia lontana dalla parola “fine”.

Monica Dichiara

Foto: http://www.flickr.com/photos/frankenschulz/6261590077

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