Ecce Homo

Un dittatore, la sua personalità aberrante con le sue folle acclamanti; poi la sua folla criminale e il martirio; il mondo guarda, lo vuole vedere morto; la folla è eroica. Ecco l’uomo; un vecchio senza più dignità che non fa più paura; il banchetto al verme è pronto. Il corpo del Rais un trofeo per i ribelli.

Nel 1942 a pochi chilometri da Sirte, in una tenda di pelli di capra, figlio di poveri beduini analfabeti, nasceva Muammar Gheddafi; frequenta le scuole islamiche dormendo nella moschea, completa brillantemente il corso in Accademia militare nel 1968; dal 1969 con un colpo di stato destituisce il re Idris e realizza una dittatura per quarantuno anni. Psichiatri di ogni parte del mondo tentano di definirne un profilo; lo giudicano affetto da disturbo di personalità di tipo narcisistico maligno, borderline e paranoide; è circondato da sicofanti, devoti servitori sostenitori della sua follia. Guida della grande rivoluzione della “Jamahiriya araba libica popolare e socialista”, una finta propaganda per giustificare il proprio potere illudendo l’opinione pubblica interna e mondiale circa l’esistenza in quel Paese di una sorta di “governo delle masse”, al quale la stessa autorità del leader sarebbe stata subordinata. Una personalità turbata da un complesso di inferiorità, un pazzo astuto, paranoico, con deliri di persecuzione; argomentazioni incoerenti o atteggiamenti oltraggiosi; abbigliamento stravagante, una tenda beduina che lo segue dovunque vada; respinge gli errori del suo regime, attira l’attenzione su di sé forgiandosi di titoli diversi; possiede devote amazzoni come guardie del corpo. Dall’altra parte, una personalità arguta, capace di tirarsi indietro, patteggiare, evitare ripercussioni, capace di inganno. A volte, uccidendo le persone vicine a lui, altre volte perdonando e riempiendo di doni il suo nemico. L’ultimo Gheddafi, amico dell’occidente ingenuo e passivo nei confronti delle potenze occidentali, aveva disarticolato il suo sistema di difesa antiaerea e non aveva più missili terra-aria. Gheddafi criminale di guerra.

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Ora, una folla di concittadini a far la fila fuori dall’obitorio per fotografarne il suo cadavere. «La morte di Gheddafi e la sua ostentazione parlano di vendetta» scrive il Sir, il Servizio di informazione religiosa; «no all’ostentazione del corpo di Gheddafi. Serve un po’ di pietas anche per il dittatore».
Qualunque sia la fine Gheddafi, la sua psicopatologia ha condizionato, direttamente o indirettamente, la storia moderna della Libia, e forse dobbiamo chiederci: a che punto la sua politica e la sua oppressione hanno alterato la psiche di milioni del suo popolo che hanno sofferto sotto il suo governo? Un popolo che ha assistito a scene di stupri, neonati uccisi o bambini a cui viene mozzata la testa, file di militari uccisi e legati come capretti, colpevoli di non essersi piegati al suo volere. La folla è irrazionale e non colpevole, vive d’istinto, non si lascia condizionare dai ragionamenti fatti nei salotti. Le folle sono colpite da ciò che di meraviglioso vi è nelle cose, pronte a seguire le suggestioni di utopisti o retori. E l’occidente, che ha restituito il carnefice alla folla, gettato nell’arena dopo averlo adulato, ora lo mette in scena in un film dell’orrore; non c’è più differenza tra vittima e carnefice non c’è più rispetto per la dignità umana.

Piero Giordano

Foto: http://4.bp.blogspot.com/-krE3VYM30To/TWKjV-noJ2I/AAAAAAAACgk/c8U2o7n0L5M/s1600/20110220

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